Valerio Morabito è un giornalista. Attualmente, scrive per “Brescia Oggi” ma non è da poco che ha abbracciato “il mestiere” del giornalista. Per me, scrivere di Valerio, è raccontare anche la storia di un’amicizia e di una collaborazione intellettuale. Anzitutto, il comune amore per l’ebraismo che ci ha fatto conoscere ed incontrare, perché Valerio aveva letto un mio testo sull’argomento. A stretto giro, l’attivismo politico che ci ha fatto condividere momenti bellissimi. La nostra amicizia è nata e si è consolidata nel tempo, abbiamo fondato insieme ad altri amici un’associazione: “La Biblioteca di Alessandria” ed abbiamo organizzato eventi che sono ancora nella storia della città di Taormina. Morabito è di Messina ed ha lavorato nel comprensorio come giornalista. Lui è uno di quei siciliani che a trent’anni superati, sono considerati ancora giovani, quasi fossero dei poppanti, togliendo loro la dignità di adulti. Dicevo: Morabito è siciliano. Un uomo brillante che ha intrapreso la strada del giornalismo; il mestiere su campo, non il “copia-incolla” ed a un certo punto, è andato via. I motivi sono quelli che leggete sui giornali che altri suoi colleghi riportano: qui le opportunità sono come gemme preziose e chi sceglie di fare giornalismo serio e d’inchiesta non ha vita semplice. Chi si mette contro “poteri forti” e ve ne sono di diversi tipi e livelli, non dorme bene la notte. Valerio ed io abbiamo avuto scontri feroci (ni ‘mmazzammu comu i cani, detto alla siciliana, e non necessita di traduzione) perché da amica lo avevo “messo in guardia”. Però sapete com’è, in tutte le storie di amore e di amicizia, ci sono alti e bassi, ci sono crisi. Eppure la forza e la solidità di un rapporto, sta proprio nel superare le avversità e le tempeste, non mollando ma aggrappandosi al bene reciproco. Così è stato: ci siamo scontrati ma la nostra amicizia ha retto. Un’amicizia forte che si è ringiovanita con lo scorrere del tempo. Valerio Morabito è stato anche il mio direttore, nel periodo in cui ero nella redazione di “BlogTaormina” e posso asserire che lui, il suo mestiere lo sa fare e ci mette l’anima. Per questo, oggi ho deciso di raccontare un po’ di Valerio, della sua determinazione a farcela per non abbandonare i suoi più che legittimi sogni. La sua storia, in fondo, non differisce molto da quella di altri “giovani” come lui, che per fare, scelgono di andare via. Lui è contento di lavorare in Lombardia, e la Sicilia la sente dentro come tutti gli “emigranti”. Valerio Morabito è giornalista-scrittore, perché il giornalista è uno dei modi dello scrivere, e la scrittura è anch’essa “Mestiere”: fatica, sofferenza, gioia, metodo con tanta vita dentro.
Laureato in filosofia contemporanea all’Università di Messina, Morabito è anche un consulente filosofico, oltre ad essere un giornalista-scrittore. Ha pubblicato importanti contributi su Oriana Fallaci, ma il testo di cui ho avuto l’onore di scrivere l’introduzione e che merita massima attenzione, vista la cocente attualità, è La dittatura della tecnica, edito da Arduino Sacco, nel 2014. I testi per nostra fortuna non hanno scadenza, anzi leggerli e rileggerli ci aiuta a svelare nuovi sensi dell’essere.
Valerio Morabito è un cittadino della “società liquido-moderna” per citare Zygmunt Baumann; una società «che fa perdere qualsiasi punto di riferimento. Non c’è più nulla di fermo e solido nelle nostre società, ma solo liquidità», asserisce l’autore.
In questa realtà, in cui il tempo è più un valore matematico, quantificabile e suddivisibile in porzioni dove incasellare le nostre esistenze, noi umani, finiti e mortali, aggiungiamo e sottraiamo tempo alle nostre operazioni quotidiane, dimenticando troppo spesso che è l’uomo stesso ad in-formare il tempo; il proprio tempo. Non dovrebbe essere il tempo a dettarci i ritmi dell’esserci ma dovremmo essere noi a dare qualità e significanza al nostro tempo. In quest’ottica, il testo di Valerio Morabito è un “classico”: ciò che seppur appare dirompente ed unico, è di per se stesso “per sempre” e valevole “in ogni tempo”, poiché il suo messaggio è portatore di un pensiero “al di là delle singole epoche e dei luoghi specifici”. Questa società liquida, in cui il tempo si fa liquido e gli uomini mostrano contorni poco definiti, è la vera sfida del Pensare Differente. Sfida accolta dalla Filosofia, che ha a disposizione gli strumenti per fornire risposte e soluzioni concrete ad una società malata di liquidità. Non è dunque la filosofia ad essere “irreale” ma gli uomini sono “liquidi”. Essi preferiscono galleggiare in realtà virtuali dove mutare aspetto e costruire vite parallele. Uomini che si nascondono perché incapaci di sostenere la realtà sino in fondo. In quest’epoca “la dittatura della tecnica” ha raggiunto massima manifestazione, pertanto la filosofia ha un compito sostanziale.
La lettura del testo di Valerio Morabito, è un prezioso vademecum per quei naviganti, che hanno perso la rotta e per tutti coloro, che mai hanno pensato di cambiare rotta.
Scrive l’autore: «Soprattutto le nuove generazioni sono attraversate da quest’ospite e ne pagano le conseguenze: assenza di pensiero, di giudizio, di interessi, mancanza di responsabilità e apatia sociale. Ecco gli ingredienti della noia contemporanea, che costringono molti ragazzi a vivere la loro esistenza da spettatori dietro la tastiera di un computer. Andare oltre la linea tracciata dalla noia, vuol dire riappropriarsi della vita ritornando a riflettere, pensare ed agire utilizzando la razionalità e non solo l’istinto. Molti si credono cittadini attivi stando dietro un computer ma non è così. Essere utile alla società vuol dire avere a che fare, anche, con gli Altri e le loro vite. Con buona pace dell’iper-tecnologia, senza contatto umano non c’è alcuna possibilità di migliorare il contesto sociale».
Il contatto umano è l’incontro diretto con l’altro, fatto di scambi intellettuali, verbali, visivi, gestuali, rifondando spazi valutati come “periferici”; rivalutando usi e costumi che solo in apparenza sono obsoleti ed invece fanno parte del nostro bagaglio di esseri umani. Questo, l’invito di Valerio Morabito al pensare l’Altro in modo differente.
Abbiate un pensiero per gli altri e sedetevi insieme ai vostri amici a far due chiacchiere; riscoprite la vostra provincialità, vivete le piazze e le fontane. State insieme alla gente con fare meno distratto e ritrovatevi Umani.
In chiusura, permettetemi un ultimo pensiero: questo è per te, Valerio, carissimo Amico ritrovato!
Con immenso affetto
Lisa Bachis