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Il professor Bruno Sergi, ospite dell’UNITRE Taormina

CulturaIl professor Bruno Sergi, ospite dell’UNITRE Taormina

Martedì 19 febbraio alle ore 17:00, presso la Saletta Conferenze dell’Archivio Storico di Taormina – inserita nel calendario delle attività per l’anno accademico 2018-2019 dell’UNITRE Taormina – il professor Bruno Sergi, ha tenuto la conferenza, Il ruolo della Russia e dei paesi del Mediterraneo nel settore energetico italiano.

Il professor Sergi è docente di Economia Politica presso l’Università di Messina, e insegna Economia Politica Internazionale alla “Scuola di Specializzazione” dell’Università di Harvard. Inoltre, è Direttore Scientifico del “Centro internazionale per la ricerca sui mercati emergenti” all’Università RDN di Mosca. Svolge da molti anni attività di ricerca sui Paesi dell’Est e collabora con network europei per discutere dei problemi economici e di quelli legati alle attività dei sindacati.

Numerosi, i punti toccati durante l’incontro dove è stata offerta al pubblico la preziosa opportunità di informarsi, e avere chiarimenti sullo stato energetico dei nostri stati e sulle ricadute socio-economiche, nonché sugli aspetti geopolitici che le guerre per l’energia generano.

Il professor Sergi ha analizzato gli aspetti della produzione e della spesa energetica, in quattro punti: Petrolio; Gas; Mix energetico; Soldi.

In un articolo a firma di Riccardo Saporiti, per “Il Sole 24 ORE” del 18 maggio 2018, viene detto chiaramente: «Che sia neutrale o politico, che ci porti al voto in estate o completi la legislatura, tra i tanti temi dei quali il prossimo governo dovrà occuparsi c’è anche quello relativo alle politiche energetiche. Già perché, dati alla mano, in Italia l’energia prodotta è sempre meno rinnovabile. E sempre più di importazione. Circostanze che, anche alla luce del dietrofront americano sull’accordo per il nucleare con l’Iran e agli effetti di questa decisione sui prezzi del petrolio, rischiano di avere più di un riflesso negativo sull’economia italiana».

Ed è uno dei temi di cui in Italia si sta discutendo, dato che il nostro Paese importa una quantità di energia che nei prossimi anni avrà un considerevole aumento. La Russia, in quanto posta tra i grandi produttori di gas, invece detta le regole del mercato insieme ad altri paesi, quali Arabia saudita e USA.

Nel mondo, la maggior parte dell’energia è spesa nei trasporti e nella produzione industriale. Esistono però nuove tecnologie che costano poco ed hanno numerose applicazioni che consentono di trovare gas in luoghi impensati – poiché secondo una delle teorie ancora persistenti ovvero l’abiogenesi, la produzione di gas sarebbe tecnicamente illimitata. In effetti, nuovi giacimenti sono stati scoperti al largo dell’Egitto e a Cipro. Il professor Sergi ha dichiarato che «la presenza di nuovi giacimenti viene costantemente verificata, e dal 2020 al 2035, la ricerca delle fonti di gas e petrolio sarà supportata dalle nuove tecnologie. Pertanto, se prima si pensava che l’era del petrolio fosse giunta al termine, oggi, la prospettiva è mutata».

Gli USA, ad esempio, sono tra i maggiori produttori di Shale Oil detto anche Shale Gas. Ma cos’è precisamente lo Shale Oil? “Il Sole 24 ORE” ne dà un’accurata definizione: «L’olio di scisto o petrolio di scisto (in inglese shale oil) è un petrolio non convenzionale prodotto dai frammenti di rocce di scisto bituminoso mediante i processi di pirolisi, idrogenazione o dissoluzione termica. Questi processi convertono la materia organica all’interno della roccia (cherogene) in petrolio e gas. Il petrolio risultante può essere usato immediatamente come combustibile o arricchito per soddisfare le specifiche delle materie prime delle raffinerie».

E proprio gli USA stanno operando al fine di convincere l’Europa a importare Shale Oil da loro, boicottando di fatto la Russia. Anche l’Arabia Saudita tiene d’occhio gli Stati Uniti. Ciò perché senza l’export di petrolio e gas Russia, Arabia saudita, Katar e Iran avrebbero un crollo economico enorme. Da qui,le coalizioni per stabilire gli equilibri geopolitici ed economici mondiali. USA, Arabia Saudita e Israele contro Russia, Iran, Katar e Turchia, con i conseguenti risvolti sul piano dei conflitti, dove la lotta per la sovranità, i confini, la guerra al terrorismo, conducono immancabilmente alla guerra per il controllo dell’export di petrolio e gas. Senza tralasciare India e Cina. Ricordando che la Cina è grande produttore di carbone.

Per questi motivi, pur se il mercato delle fonti rinnovabili è in crescita, tuttavia è ben lontano, dal poter soppiantare quello del petrolio e del gas.

Orbene, dato che l’Italia ha necessità di aumentare l’importazione, sta anche guardando ai mercati algerini e libici. Ma dato che tali paesi sono assai instabili politicamente, ad oggi, pur se una parte dell’Occidente la guarda con diffidenza, la Russia resta il partner più affidabile per la nostra economia energetica; quindi non si potrà prescindere dal confronto e dai rapporti con essa.

Lisa Bachis

 

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