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lunedì, Dicembre 30, 2024

LE INTERVISTE: GIUSEPPE NUCCIO IACONO

Senza categoriaLE INTERVISTE: GIUSEPPE NUCCIO IACONO

Giuseppe Nuccio Iacono per me è “Nuccius in fundo” ed io per lui sono “Mona Lisa, la Divina di Taormina”. Tanta simpatica e affettuosa confidenza – sempre garbata, piena di stima e reciproco rispetto – nasce nel tempo, e con il tempo la collaborazione ha abbracciato l’amicizia.

Ho avuto il piacere di conoscere Nuccio nel 2009. In quell’anno fui contattata per via del saggio Ebrei a Taormina, edito da Bonanno in quell’anno. Vi era molto interesse attorno al mondo delle comunità ebraiche siciliane, in quanto parte del tessuto isolano sino all’espulsione del 1492. Nuccio era una delle figure chiave della rivista “Inside Sicilia”, un magazine di alta qualità. Contattata per un’intervista come autrice – fu lui a propormelo dopo aver visto di che pasta fossimo fatte io e la mia scrittura – entrai a far parte della redazione come corrispondente per la mia zona. Da allora, mai ci siamo persi e ancora oggi la nostra collaborazione è intatta. Si muove sul terreno fertile della cultura e dell’amore per questa Sicilia che tanto ha da offrire e poco viene curata da tanti, troppi, dei suoi figli.

Giuseppe Nuccio Iacono, è un architetto e un esteta. Uomo colto e appassionato di ricerca, in altri tempi, avrebbe perfettamente incarnato la figura dell’intellettuale. La sua formazione è umanistico-rinascimentale; la Francia e Firenze lo hanno nutrito e gli hanno donato il meglio dell’arte, della letteratura e del senso pieno della Bellezza. Bellezza che mai ha smesso di corteggiare di lodare, e di far essere, mediante la conoscenza e la custodia virtuosa del Genius loci. Esperienza e competenza ha deciso di reimpiegarle nella sua terra, la Sicilia, e a Ragusa la sua città; ma anche in ogni luogo ove vi fosse un tesoro da salvare. Competenza e professionalità che mettono al centro luoghi, persone, tradizioni e costumi senza tralasciare il fatto che ci troviamo nel XXI secolo e si deve stare al passo con i tempi. Aggiornarsi, tirar fuori il meglio dalle nuove tecnologie per valorizzare e promuovere siti e località di interesse, nell’ottica del turismo volano di cultura, bellezza, storia e memoria, nel rispetto del paesaggio e dell’ambiente. Un turismo ecosostenibile e oggi – ne ho già scritto in un precedente contributo – turismo di prossimità, già proiettato al post Covid-19.

Rammento ancora, quando mi chiese di sottoscrivere il “Manifesto della Bellezza”; mi inviò la bozza, mi chiese cosa ne pensassi e qualora fossi convinta, di sottoscriverlo. Accettai e ne fui felicissima. Il “Manifesto della Bellezza” «per la tutela della Cultura, dell’Arte, dei Beni Culturali e del Paesaggio» venne presentato il 13 giugno 2018 alla Fondazione “Whitaker” di Palermo. L’Architetto Giuseppe Nuccio Iacono e il Dott. Daniele Pavone erano gli ideatori insieme ad Antonio Sortino Trono e Giancarlo Tribuni Silvestri. In quell’occasione vennero illustrati vari progetti in corso e soprattutto le ragioni per le quali portare avanti quell’iniziativa. Tra le varie adesioni vi fu quella della Presidenza della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Catania con sede a Ragusa e dell’Associazione Nazionale “Case della Memoria” di cui Nuccio Iacono è il coordinatore per la Sicilia.

«La Bellezza non è soltanto un concetto astratto ed idealista di natura prettamente etica ed estetica, ma anche un motore di risorse economiche che attraverso il recupero, la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico, storico e naturalistico, è in grado di creare ed alimentare occupazione e dunque benessere».

Ecco il fulcro del documento programmatico, che raccolse centinaia di adesioni nel mondo accademico, della cultura, dello spettacolo e dello sport con l’intento dichiarato di rivolgersi

«alla politica in quanto diretta responsabile della gestione di questo patrimonio, ma anche ai cittadini, attraverso la divulgazione di principî semplici e comprensibili altresì per un pubblico non specializzato, ma fondamentali per una maggiore consapevolezza delle opportunità offerte dalla Bellezza».

La presentazione del “Manifesto” fu inserita nel calendario della BIAS 2018 (Biennale Internazionale Arte Sacra contemporanea delle credenze e religioni dell´umanità) ideata e diretta dalla Contessa Avv. Chiara Modica Donà dalle Rose e promossa da WISH (World International Sicilian Heritage), di cui la Donà è anche Presidente con il patrocinio della Città di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018.

Il presidente e il vicepresidente dell´Associazione Nazionale “Case della Memoria”, Adriano Rigoli e Marco Capaccioli – dopo aver accolto con entusiasmo l’invito di adesione di Nuccio Iacono – in quella circostanza così si espressero:

«La cultura passa anche dalla bellezza e, nel caso della nostra associazione, si materializza in luoghi come le case museo, che hanno accompagnato la storia di personaggi illustri e talentuosi. Un manifesto che ne tuteli e valorizzi le potenzialità non può che raccogliere tutta la nostra soddisfazione».

 

L’architetto Iacono, dal 1994 al 2008, ha ricoperto l’incarico di direttore della casa di Dante a Firenze curando la gestione del museo e in veste di consulente tecnico e progettista del nuovo allestimento museale dantesco. Ha partecipato allo studio di fattibilità della “Firenze Card” promossa dal Comune toscano; è consulente e rappresentante per la Sicilia dell’Associazione Nazionale “Case della Memoria” per la realizzazione di una rete museale nell’Isola. A lui è stata affidata la gestione del patrimonio museale, architettonico e monumentale del Comune di Ragusa. Un impegno che ha assunto per occuparsi della gestione del Castello di Donnafugata e del suo parco, del Museo del Costume ad esso annesso. Tra le varie finalità: creare un circuito museale allo scopo di facilitare la fruibilità dei siti e la loro valorizzazione con un biglietto unico di ingresso. Esperto in materia di storia dell’architettura e arte dei giardini, storico dell’arte e del costume nonché esperto in turismo territoriale. Ideatore e realizzatore del “Museo del tempo contadino” con l’aula didattica all’interno di Palazzo Zacco.

Sempre Adriano Rigoli, Presidente dell’associazione nazionale “Case della Memoria”, quando ha saputo della nuova nomina per Donnafugata,  di lui ha detto:

«Conosco Giuseppe Nuccio Iacono da quando nel 2003-2004, come direttore a Firenze del Museo Casa di Dante, partecipò alle fasi costituenti dell’Associazione Nazionale Case della Memoria ed entrò a far parte del suo primo consiglio direttivo. Da allora la mia stima è cresciuta e si è rafforzata nel tempo e sono onorato di potermi dire suo amico. Proprio per la stima che nutro nei suoi confronti, nel 2011, ho voluto che Nuccio fosse il primo Coordinatore e “ambasciatore” delle Case della Memoria in Sicilia, compito che porta avanti con grande passione e competenza, due parole che ben sintetizzano ciò che contraddistingue Nuccio nella sua attività professionale. A lui faccio tantissimi auguri di buon lavoro e complimenti al Comune di Ragusa per l’ottima scelta».

Il castello di Donnafugata, è stata la prima casa museo della Sicilia ad aderire alla rete nazionale. In seguito hanno aderito anche “Casa Cuseni” a Taormina e la Casa Natale di Salvatore Quasimodo a Modica.

La passione e l’impegno di Nuccio Iacono, la determinazione e il non darsi mai per vinto, superando difficoltà e umani scoramenti lo fanno essere, una figura necessaria per la nostra isola. Di questo ho parlato con lui quando gli ho posto “le tre domande” per l’intervista, riportate qui di seguito.

 

Svolgi ruoli importanti: dalle “Case della Memoria” al Castello Donnafugata; come intendi la Cultura e la promozione culturale?

 

Cultura è la linfa vitale che dà un senso all’umanità. Ad essa non appartengono il tempo e lo spazio perché i valori mentali superano questi limiti per nutrire la Bellezza della Civiltà, di ogni Civiltà. La Cultura è infatti l’Apoteosi dei Sensi che ci svelano l’infinito. Per questo, direi che la Cultura non si può “definire” perché il suo ruolo essenziale è “INFINIRE”, ossia aprirsi all’infinito. La Cultura è Sapere. È quella continua ricerca della Conoscenza a cui l’uomo aspira.

Questo è il ruolo fondante che la Cultura ha per una Società che si evolve e vive di sapere e di conoscenza. Per questo ritengo che la promozione culturale, in campo museale debba partire dalla didattica e dal coinvolgimento della Scuola. La frequentazione dei musei deve prendere avvio già dal primo ciclo scolastico e deve essere incrementata negli anni della formazione. Così l’educazione consapevole al patrimonio culturale diventa un punto di riferimento nell’età adulta. I musei devono essere intesi, non solo come luoghi di conservazione ma anche come istituzioni permanenti al servizio della società. Devono essere i promotori culturali diventando così quelle strutture virtuose atte a rispondere e far riflettere sui quei bisogni di cultura inespressi e latenti della società odierna. Qualsiasi sia il veicolo della promozione culturale si impone una comunicazione chiara e semplice. Sui media, negli uffici di promozione, ovunque, per promuovere la cultura, bisogna saperla comunicare con semplicità. La ricchezza della semplicità costituisce la regola generale di ogni progresso culturale. A nulla serve l’uomo erudito che si muove mostrando la quantità di libri incolonnati sulla sua testa. Serve l’uomo colto, ossia colui che i libri li tiene dentro la testa per elaborarne il contenuto. Non dobbiamo ostentare la nostra conoscenza ma mostrarla per condividerla e invitare gli altri ad aumentarla. Quindi promozione culturale non ha senso se non ha come obiettivo l’incontro tra culture, pensieri e diversità.

 

 

 

Parlaci un po’ di più del Castello di Donna Fugata e della ripartenza post quarantena. Progetti?

 

Sono arrivato a Donnafugata con l’intenzione di “ascoltare il luogo” prima di decidere quale direzione prendere perché mi è sembrato urgente iniziare a ripensare tutto dall’interno: dalle persone, dall’edificio, dall’architettura, dalla collezione e dalla sua presentazione al pubblico.

Il Castello soffre da diversi anni di carenza di manutenzione e questo flagello si estende anche nel parco. La prima evidenza che ho potuto raccogliere è che da sempre, come accade in molti musei, la mancanza di una autonomia economica genera degrado. Per questo motivo è necessario che gli incassi e le risorse ricavate dai vari eventi debbano essere reinvestite nel sito, magari iniziando con una percentuale che col tempo può decrescere man mano che si attivino le opere di manutenzione. Il castello di Donnafugata resta in ogni caso un luogo che sprigiona una particolare atmosfera.

Ho per certi versi la fortuna di essere, come mi piace dire, ammalato di “donnafughite acuta conclamata” e ciò mi è di grande aiuto nel mio lavoro. Da anni conduco studi sul Castello e ho tratto da vari archivi (non solo italiani) molte notizie utili per una nuova e moderna rimodulazione del percorso museologico. I miei studi in storia dell’architettura e dell’arte dei giardini, con il compianto prof. Gabriele Morolli mi hanno dato quella linfa fondamentale anche per comprendere l’anima dei luoghi su cui lavorare. Persino il mio lavoro legato anche all’allestimento del Museo del Costume che sarà accolto nei bassi del castello viene incontro ad una mia “antica” passione legata alla storia del costume. E sapere che il castello potrà dotarsi di uno dei più importanti musei del costume a livello nazionale rappresenta un motivo di orgoglio. Sistemare abiti, che indossarono personaggi come Franca Florio, Vincenzo Bellini, Amari, la contessa Miramon, Pietro Floridia, riporterà nel luogo una allure del tutto inedita.

Ho ripensato anche ad una rimodulazione degli spazi con delle linee guida che prevedono un centro di accoglienza e assistenza visitatori con info point, un’area polifunzionale per didattica, convegnistica, mostre. A tutto ciò si aggiungeranno altri servizi aggiuntivi (che preferisco oggi chiamare essenziali) come un bookshop e una caffetteria/bistrot dove il visitatore potrà anche sedersi comodamente in alcuni tavolini in stile, posizionati nel cortile del castello.

Ritengo fondamentale soprattutto la nuova distribuzione generale delle aree museali che non saranno più costituite dalla fusione castello più parco, ma dalla creazione di ben tre musei: Castello, Parco e Museo del Costume. Musei indipendenti che potranno essere comunque oggetto di una combinazione di biglietti. L’indipendenza nell’orario di apertura del Parco farà sì che oltre al relativo biglietto ordinario sarà possibile con una “card speciale” a costo contenutissimo, recarsi quante volte si desidera nel parco per passeggiare, leggere, dipingere o semplicemente approfittare del refrigerio che i secolari alberi forniscono.

La rimodulazione prevede anche una serie di bouquet di biglietti cumulativi e combinabili e, tra questi, anche quelli agevolati per famiglie numerose.

Tra i progetti in itinere sto rivedendo la musealizzazione del parco con un percorso che oltre a dare informazioni sui manufatti ne dia anche alcune chiavi di lettura riferite alle simbologie dei giardini, a storie quotidiane e aneddoti che ancora non sono stati pubblicati, etc. Oltre alla segnaletica è prevista una serie di punti con Qrcode dove poter ascoltare brani di lettere o carteggi, poesie o abitudini del tempo collegate al Parco. Ripensare ad un orario prolungato senza alcuna pausa per chiusura cassa e diversificare le tariffe secondo esigenze esterne è già un motivo di cambiamento non indifferente.

Il Castello di Donnafugata non è concepito come un edificio storico ma come una delle perle del territorio ragusano. E per questo deve essere inserito in un contesto di fruizione territoriale ampia e diversificata. La recente creazione di un Ecomuseo (Carat) su cui stiamo lavorando sarà quel legante che porterà a comprendere come la visione turistica culturale debba ricondursi ad un insieme di realtà di grande valore storico, ambientale e sociale.

Possiamo, anzi, dobbiamo essere ambiziosi perché il castello ha una responsabilità verso il territorio ibleo. È un attrattore turistico importante che deve essere capace di trascinare il territorio in questa impresa culturale.

Il post quarantena è un periodo difficile perché impone una nuova visione dell’approccio con i siti della cultura. Per certi versi si scopre una nuova dimensione più intima. Più riflessiva, meno caotica. Ma gli spazi della cultura non possono essere esclusivamente o prevalentemente luoghi di distanziamento perché l’opera d’arte esiste nel momento in cui è osservata e circondata dagli uomini. Se ci pensiamo bene, il numero degli osservatori genera anche valore dell’opera. Duro a dirlo ma vero.

In questo periodo di ripresa bisognerà rimodulare, o meglio, restringere la libertà di movimento al cospetto di opere culturali che per definizione sono i segni della libertà di pensiero.

 

 

I tuoi consigli per valorizzare e promuovere i propri gioielli storico architettonici?

 

Premetto che la migliore valorizzazione si attua solo se si conosce il gioiello storico da promuovere. Oltre a garantire la conservazione e la valorizzazione del proprio patrimonio non bisogna dimenticare le potenzialità e i vantaggi che tengono il vero timone dei beni culturali.

L’obiettivo di chi cura i musei o altri patrimoni culturali non è finalizzato al fatturato: l’utile, semmai consisterà nel fare di un fatturato uno strumento per produrre Conoscenza. Il fatturato di un Museo non è riconducibile quindi solo all’incasso ma ad altre realtà non calcolabili in danaro: a ciò che la gente impara, al piacere che trova. Così come un’azienda deve aver obiettivi misurati e precisi così i musei si devono misurare per le loro performances in termini di visitatori ma anche in termini culturali.

Inoltre consiglio di lavorare su ogni aspetto della museologia, museografia e museotecnica al fine di dar vita sempre ad una esperienza culturale che comincia già fuori dal museo, matura nell’atrio per poi espandersi all’interno. È necessario generare il benessere della conoscenza e dar vita alla risonanza emotiva durante la visita.

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