Ancora pochi giorni e sapremo quante persone delle 150 mila selezionate dall’Istat hanno partecipato all’indagine di siero-prevalenza promossa dal Ministero della Salute in collaborazione con la Croce Rossa italiana.
Ancora pochi giorni perché come avevamo ampiamente anticipato i kit Abbott utilizzati sono già in scadenza.
E ancora una volta è la regione Sicilia ad allertare tutti i laboratori con un avviso pubblicato sul sito del Centro regionale di qualità dei laboratori.
La nota è della responsabile del centro, la Prof.ssa Francesca Di Gaudio, e riporta “l’ordine perentorio” da parte del Dirigente Generale del DASOE (Dipartimento per le attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico), Dott.ssa Maria Letizia Di Liberti, a tutti i laboratori che hanno ricevuto i kit Abbott per il dosaggio delle IgG ad utilizzarli entro e non oltre la data di scadenza indicata.
Inoltre si richiede da parte dei laboratori l’invio immediato di una mail indirizzata esclusivamente a crq.covid@gmail.com dove si dichiara esattamente il quantitativo di kit Abbott per il dosaggio delle IgG non ancora non utilizzati alla data del 09luglio.
In Sicilia infatti i kit Abbott in uso non sono solo quelli propedeutici all’indagine sierologica. Come avevamo riportato nella nostra inchiesta la Sicilia, seguendo la scelta del Governo, aveva acquistato dalla multinazionale americana ben 90 mila kit.
Oggi sappiamo che l’intera operazione è costata alla Regione Sicilia 650 mila euro. È quanto emerge dal contratto di fornitura sottoscritto dal dipartimento regionale di Protezione Civile. Ma c’è di più.
Il contratto di fornitura che, come riporta il punto 5, doveva restare riservato prevedeva un ulteriore fornitura di 200 mila kit per un totale di 1 milione e mezzo circa di euro, spicciolo più spicciolo meno.
Anche in questo caso quindi nessuna gara, nessuna evidenza pubblica, nessuna ricerca dell’offerta più vantaggiosa per le casse della Regione Siciliana.
Assolutamente certa però che questo acquisto non avverrà è la responsabile del Centro regionale di qualità dei laboratori Francesca Di Gaudio che sollecitata sull’argomento senza mezzi termini afferma che: “La Regione non acquisterà mai più dalla Abbott perché i loro test sono incompleti. Noi, spiega la prof.ssa Di Gaudio, abbiamo acquistato i primi 90 mila test da Abbott solo perché la Protezione Civile Nazionale aveva affidato a loro la gara d’appalto per l’indagine di siero prevalenza quindi per avere dati omogenei rispetto all’indagine epidemiologica che anche la Sicilia stava portando avanti ci siamo affidati a Abbott. Sul mercato però, afferma Di Gaudio, ci sono numerose ditte che hanno test in grado di rilevare IgG e IgM completi. Qualunque cosa ci sia scritto su quel documento, qualunque sia il motivo per cui l’hanno scritto la responsabile del Centro regionale qualità laboratori, afferma la Di Gaudio, sono io e se e quando lo richiederanno io non darò il parere favorevole all’acquisto di ulteriori kit Abbott perché non li ritengo convenienti dal punto di vista dell’organizzazione in questo momento perché consentono solo l’individuazione dell’IgG e non rilevano le proteine Spike ed oggi sul mercato ci sono numerose ditte che possono fornire kit più completi.”
Insomma sulla qualità dei kit Abbott la Prof.ssa Di Gaudio non ha alcun dubbio. I dubbi restano invece sul presunto accordo per l’acquisto di ulteriori 200mila kit da Abbott e sull’operazione che ha portato alla spesa di 650 mila euro per kit che erano in scadenza.
Così come restano sulla gara d’appalto che ha portato il Governo a scegliere Abbott come unico fornitore. Anzi, le dichiarazioni della Prof.ssa Di Gaudio alimentano i dubbi avanzati da più parti sulla qualità dei kit Abbott. In particolare sulla capacità di individuare la presenza di anticorpi neutralizzanti, ossia quelli in grado non solo di riconoscere il virus ma di bloccarlo nel momento dell’incontro con la proteina di superficie.
I test sierologici della Abbott, nonostante fosse un requisito previsto nel bando di gara, non sono in grado di rilevare la presenza degli anticorpi neutralizzanti per SARS- CoV-2, importanti per l’uso del “plasma iperimmune”.
Come si arriva quindi ad aggiudicare la gara a una ditta che non possedeva tutti i requisiti richiesti?
È stato il comitato tecnico Scientifico, consultato dalla Commissione di gara come previsto dall’articolo 6 del bando, ad esprimersi in merito.
Il 24 aprile, il giorno prima dell’aggiudicazione della gara, la commissione scrive al Comitato chiedendo chiarimenti proprio in merito al termine “anticorpi neutralizzanti” riportato nel bando.
“La Commissione, si legge nel documento a firma dei componenti, sentiti i due membri designati dal Comitato tecnico, i dottori Clerici e Capobianchi, rileva che il termine “anticorpi neutralizzanti” crei delle difficoltà interpretative dal punto di vista scientifico. Infatti, si legge ancora nella nota, la capacità neutralizzante degli anticorpi può essere misurata solo mediante un test biologico, che non è oggetto della presente gara.”
Eppure il bando di gara parla in maniera specifica di anticorpi neutralizzanti così come il protocollo siglato tra Ministero e Istat per l’avvio dell’indagine che spiega come l’obiettivo dell’indagine sia proprio quella di individuare gli anticorpi in grado di neutralizzare il virus, facendo riferimento agli anticorpi specifici per parti della proteina spike (S).
Nel documento della Commissione si legge ancora “poiché gli anticorpi neutralizzanti sono solitamente rivolti verso le proteine di superficie” la Commissione chiede l’ausilio del Comitato tecnico scientifico.
Il quesito posto al Comitato è il seguente: “Con la terminologia anticorpi neutralizzanti si deve intendere soltanto anticorpi diretti contro le proteine di superfice del virus, oppure, in alternativa, possono essere considerati soddisfacenti anche gli anticorpi contro altre proteine virali?”
La risposta al quesito della Commissione arriva il giorno stesso. È il Commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri a rispondere che “possono essere considerati soddisfacenti non soltanto gli anticorpi diretti contro le proteine di superficie del virus, ma anche gli anticorpi diretti contro altre proteine virali.”
Una risposta che consente alla Commissione di sorvolare sul requisito richiesto. Proprio su quel requisito il giorno dopo la pubblicazione del bando di gara si erano scatenate le polemiche.
Più esponenti del mondo scientifico avevano infatti denunciato che così com’era scritto il bando sembrava mirare a identificare un unico fornitore.
Nel momento della sua pubblicazione infatti l’unica azienda ad avere i requisiti di gara richiesti è la “Diasorin”, che infatti sembrava destinata a vincere.
Basta confrontare i requisiti richiesti nel bando con la scheda tecnica del Test Liaison Sars-Cov-2 della “Diasorin” per rendersi conto delle analogie presenti, ad iniziare proprio da quel termine “anticorpi neutralizzanti” che crea alla Commissione “difficoltà interpretative” tali da dover ricorrere all’ausilio del Comitato tecnico.
Quando si alza l’attenzione sull’esito della gara ecco il colpo di scena con l’aggiudicazione all’americana “Abbott Diagnostics” che non solo vince senza avere uno dei requisiti richiesti ma sceglie anche di “regalare” i test.
Anche in questo caso però non corrisponde esattamente al vero che l’operazione non graverà sulle casse dello Stato come affermato da Arcuri. In realtà, l’indagine è costata 5 milioni di euro. Il Governo ha infatti stanziato 385 mila euro per consentire all’Istat di conferire fino a un massimo di dieci incarichi della durata di sei mesi; 220 mila euro, per il 2020, sono destinati alla realizzazione della piattaforma tecnologica; 1.700.000 euro per l’attività svolta dalla Croce Rossa italiana; 700mila euro per la conservazione dei campioni raccolti presso la banca biologica; 1.500.000 euro per l’acquisto dei dispositivi idonei alla somministrazione delle analisi sierologiche.