Bello bello bello!
Bello, dopo più di un anno e mezzo, aver rivisto a Taormina e all’Odeon Fabio Lannino, Diego Spitaleri insieme ad altri due talentuosi musicisti del calibro di Antonino Saladino e Francesco Foresta.
Per me, che seguo la programmazione all’Odeon sin dall’inizio, era uno dei tasselli mancanti per completare il quadro di bellezza che mi fa sentire al posto giusto e al momento giusto ogniqualvolta scelgo – perché di scelta ponderata e desiderata si tratta – di sedermi nella cavea del Teatrino romano di Taormina. Non so, ma è come se mi sentissi benedetta e protetta da antichi dei di cui si è smarrito il nome, eppure continuano imperterriti a farsi vivi tra i resti di vestigia ammorbiditi dal tempo e dall’opera dell’uomo.
Ieri, 27 agosto, in una sera di fine agosto dove si inizia a respirare il soffio dell’aria settembrina, sono andata all’Odeon durante le prove. Talmente tanto contenta di rivederli che appena giunta sul posto, ho inanellato una delle mie figuracce – ne ho una collezione infinita degna dei migliori film comici –. Dovendo entrare per incontrare anche Panzera, ho chiesto all’ingresso di poter mostrare il Green Pass, pronta a farmi rilevare la temperatura, specificando le mie credenziali. Tutta precisina, sorriso che non si vedeva perché mascherato ma lo si poteva benissimo leggere negli occhi, solo… Che figuraccia colossale, ho fatto!
All’ingresso non era un addetto al service ma uno dei ragazzi che suonavano, e non lo avevo riconosciuto. Non dirò il suo nome per pudore non suo ma mio, però al sentirmi dire: «Sì, è ok ora le chiamo qualcuno, io sono uno dei musicisti…», ho pensato: Sempre tu sei, somigli a un personaggio dei cartoons, figlia mia sei consumata!
Bene bene, il resto per fortuna è andato via liscio come l’olio. Ho salutato tutti, ho fatto anche qualche scatto che di solito uso come «appunto visivo» per entrare dentro alle atmosfere e godermi «il prima» dell’inizio ufficiale.
Ed ecco che m’abbandono, mi beo e sono felice.
Film muti con accompagnamento musicale dal vivo – Il 27 agosto alle 21:30 è stato proiettato con un accompagnamento musicale creato apposta, il film muto “Il fantasma dell’opera” del 1925, tratto dall’opera di Gaston Leroux.
Le musiche composte da Fabio Lannino che 5 mesi fa – per sua stessa dichiarazione a fine serata durante i ringraziamenti e i saluti al pubblico – ha accettato il nuovo invito, rivoltogli da quella «mente criminale» di Ninni Panzera come ha affettuosamente appellato un amico di vecchia data, a musicare il film proiettato in prima assoluta per Taormina Arte Sicilia.
Il team super affiatato composto da: Fabio Lannino alla chitarra e contrabasso; Diego Spitaleri al pianoforte; Antonino Saladino al violocello e Francesco jr Foresta alla marimba e percussioni.
Una nota sul pubblico: il teatro era pieno. Tante le persone che come me hanno scelto di esserci e hanno dimostrato con il loro apprezzamento, di saper gradire generi considerati desueti o di nicchia. Ma il cinema è cinema e il cinema muto: poesia assoluta.
Il film – “Il fantasma dell’opera” è un film di Rupert Julian, con Lon Chaney, Mary Philbin, Norman Kerry, Arthur Edmund Carewe, Gibson Gowland. Il titolo originale The Phantom of the Opera lo incasella nel genere Horror, in b/n della durata di 73 minuti. Alcune scene sono state girate in Technicolor, a due colori, per una produzione made in USA. Il film è del 1925.
Si tratta della prima trasposizione cinematografica del testo di Gaston Leroux. L’interpretazione di Lon Chaney, il Fantasma dell’Opera di Parigi, è stata considerata dalla critica del tempo la più terrificante di tutte.
In effetti, siamo di fronte a un’opera originale anche per il genere muto. Anzitutto, come già evidenziato, i colori non sono esclusivamente in «bianco e nero ma vi sono coloriture ottenute con illuminazione ad hoc che rendono le varie scene raccapriccianti e terrifiche. I vari interpreti sono eccezionali per recitazione e mimica. Là dove manca il sonoro, i gesti e le espressioni del viso e del corpo sostituiscono le parole, affioranti mute sulle labbra dei protagonisti. Parole, trascritte nelle varie sequenze didascaliche, che tanto ricordano le «nuvole» dei fumetti.
L’immagine proiettata e le varie gradazioni della luce della pellicola conducono dentro a un’epoca che per i più giovani sa di immaginifico e favolistico. Uno dei numerosi segni di un periodo storico in cui, dalla fotografia al cinema, le immagini divengono linguaggio accessibile a tutti e si fanno voce per le «masse». Un movimento culturale e sociale dove il teatro si confronta con una nuova forma di recitazione. Il divismo corre veloce, insieme al progresso, indice di benessere e affrancamento fisico e intellettuale.
Alcune curiosità su “Il fantasma dell’Opera” – Una recensione del febbraio 1925 di “Pictures and Picturegoers” riporta: «La maggior parte delle scene del film ha luogo nei sotterranei dove sono conservati i materiali scenici di diverse opere, e il risultato è estremamente bizzarro».
La prima proiezione del film si tiene a New York i primi di settembre del 1925. È la prima versione, da considerarsi la migliore tra tutte quelle che seguirono. Il successo, clamoroso, avrà una notevole influenza sulle sorti del genere horror.
Dato il carattere spigoloso di Lon Chaney, dopo vari e accesi contrasti, il primo regista abbandona il set e lo sostituisce Edgard Sedgwick. Nel 1929, viene distribuita la versione sonora per un terzo con Chaney doppiato da un altro attore e l’inserimento di nuove scene. Nei titoli, sono accreditati solo gli attori e John St. Polis è accreditato con il nome John Sainpolis.
Musicare un film muto è tutt’altro che una passeggiata – Quando Lannino ha dichiarato che hanno lavorato cinque mesi per portare a termine le partiture per la colonna sonora del film, ho applaudito ancora più forte. Non è affatto semplice musicare un film, a maggior ragione un film muto.
Le immagini hanno una sequenza di scorrimento nella proiezione che appare più veloce e d’un tratto sembra volersi spezzare per lasciare spazio alla sequenza successiva. Non ci sono le voci che a loro volta dettano ritmo alla partitura, dunque bisogna studiare bene ogni movimento, ogni scena, ogni gesto. Momento dopo momento.
Musicare un film e musicarlo dal vivo poi è un’impresa degna d’eroi. Più di un’ora serrata con qualche pausa breve per dar tempo, nello sfumare delle immagini, di far riprendere fiato a loro ma anche a noi, presi in una serrata attenzione che non consente di potersi sciogliere. Un vago presagio di stacco che s’interrompe, per catapultarci nella roulette russa della tensione filmica e musicale.
La loro bravura trasposta nella perfetta fusione di musiche e immagini, non hanno lasciato scampo alle nostre emozioni. Abbiamo patito, gioito e abbiamo sentito la disperazione degli amanti. Ma soprattutto, la musica ci ha fatto entrare in empatia con il Fantasma.
Pur nell’orrore trasmessoci, generato dall’asservimento della tenebrosa creatura allo spirito della vendetta, a sua volta dettato dalla disperazione e dal dolore che fanno marcire le ossa e l’animo, noi tifavamo tutti per il Fantasma, ben sapendo come sarebbe andata a finire.
L’uso di strumenti che richiamano sia il classico che il jazz, la sperimentazione volutamente in contrasto con una resa di tipo tradizionale, hanno posto in rilievo ogni singola sequenza, sino alla mirabolante orchestrazione della scena del ballo, calata in un’atmosfera disco contemporanea, ma datata 1925. Il tutto sottolineato dal ritmo al cardiopalma, rotolante nelle scene di sommossa, per raggiungere l’apice in un finale, che ci ha fatto trattenere il respiro sino all’ultimo.
Musicare un film muto è tutt’altro che una passeggiata. Può paragonarsi – Lannino e Spitaleri capiranno – a una discesa agli inferi per risalir sino a riveder le stelle.