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martedì, Ottobre 22, 2024

«Leggere per R-Esistere». Recensire o non Recensire?

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Foto dal Web

Il titolo dato a questa riflessione, lascia aperta una domanda che ne sottende altre. Bisognerebbe recensire solo i testi che ci sono piaciuti oppure recensire e stroncare anche quelli che proprio non ci sono andati giù o addirittura non siamo riusciti a terminare?

Per amore di pace universale, e per non vedere musi lunghi, ho optato per la scelta meno forte: recensisco testi che hanno lasciato in me un segno profondo. Parlo di segno perché il testo non è solo contenuto ma forma ed è qui che sempre più spesso son colta dall’orrore.

Faccio qualche esempio, senza voler infierire oltremisura. Nell’arco del 2021, mi sono imbattuta in due testi valevoli per il contenuto ma da far accapponare la pelle per la forma.

Da una vita mi occupo di studi sul Linguaggio e sui testi ma lungi da me la presunzione di far calare dall’alto ciò che si offre come buon consiglio.

Dicevo, nell’ultimo anno, due testi mi hanno creato un certo fastidio. Entrambi di autori locali, per cui eviterò di dare ulteriori informazioni sempre per amore della pace universale.

Il primo testo, vi assicuro, è un testo che se fosse stato sottoposto a una vera revisione, rivoltandolo come un calzino, merita. Scritto bene e dotato di eleganza, potrebbe rientrare tra i volumi da tenere nella propria biblioteca.

Questa era la mia prima intenzione, però dopo essermi spinta a leggerlo sino alla fine pur di tentarne il recupero, nulla da fare, non mi ha affatto convinta. I calderoni per dar sfoggio di erudizione non fanno per me, soprattutto quando si tratta di monografie.

Il secondo testo appartiene al genere della narrativa ma stavolta dopo averlo iniziato, ho deciso di rinviarne la lettura ad altro momento, per capire se era il mio umore del momento non adatto o se proprio è il testo che anche in questo secondo caso, avrebbe meritato maggiore cura nella forma.

Vi assicuro che non amo fare censure, anzi, il mio compito è proprio quello di tirar fuori il testo dalle eventuali incrostazioni e far sì che lo scrittore lo dia ai lettori, impegnandosi in un atto di responsabilità nei loro confronti e non per assecondare il proprio “IO”.

Il testo pubblicato smette di essere dell’autore e diviene messaggio per chi lo leggerà purché tale messaggio sia ben scritto e ben strutturato.

Ogni genere ha regole e stili; chi si permette di osare con la lingua lo fa perché ne trattiene le chiavi della decifrazione, ma mai si sognerebbe di sentirsi compiuto e arrivato. Si deve aver cura del testo in ogni sua parte, senza scordare la copertina e il titolo.

Lo dicono persino le linee della scuola che siamo in un circuito di «apprendimento permanente» e che occorre «imparare ad imparare».

È pur vero che spesso i piccoli editori e gli editori indipendenti non offrono il servizio di editing; un extra a carico dell’autore. Comprendo quanto questo possa essere un pensiero in più, ma se davvero non potete accedere al servizio e vi serve una mano, allora sottoponete il testo a persone che non vi dicono «guarda è bellissimo» e poi non s’accorgono nemmeno di eventuali refusi o mancano del coraggio per dirvi che il testo andrebbe modificato.

Non vi è nulla di male a commettere errori, tranne che non siano davvero eccessivi, né verrete lapidati se lascerete al testo più aria e più tempo.

Purtroppo, mi duole constatarlo, in troppi vogliono essere scrittori senza affaticarsi più di tanto. La corsa alla pubblicazione è una gara a chi pubblica prima e di più.

Non funziona così, a meno che non siate legati a editori grossi con cui avete determinati obblighi contrattuali.

Certo, mi direte, allora l’editore che ci sta a fare? Pure su questo ci sarebbe da aprire un ulteriore capitolo.

Molti editori sono dei semplici stampatori che guadagnano sul venduto; vi legano all’acquisto di un tot di copie ed è per questo che autori emergenti optano per l’auto pubblicazione.

Un autore deve saper attendere e deve saper accettare il diniego; deve sapersi mettere in discussione e non mettere il broncio perché gli giungono critiche. La gavetta e l’esercizio del mestiere temprano.

È il testo a dover essere posto al centro. Oggi con rammarico, noto pressoché quotidianamente autori che somigliano alle Star dello spettacolo o meglio, aspirano ad esserlo.

Siate umili e riflettete sul fatto che il testo una volta scritto non vi appartiene più. Esso è stato consegnato e al lettore: sarà lui il vostro giudice.

Mi auguro che le mie considerazioni non abbiano generato turbamenti anzi, quasi quasi cambio idea e inizio a recensire anche i testi che non mi sono piaciuti, magari riporterebbe un po’ di equilibrio in questo mondo che, oltre ad essere «social», è reale: fatto di sconfitte e di vittorie.

Ci penserò!

Cordialmente Vostra

 

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