La Sicilia, isola-ponte sul Mediterraneo, è donna nel nome e nei simboli che la caratterizzano. Omero nell’ Odissea la definisce Trinacria ossia la fusione dei due termini tréis e akra, che significano “tre Capi”. L’isola è la terra dei tre promontori: Capo Peloro a Messina, Capo Boeo a Marsala e Capo Passero nel siracusano. Il nome dell’isola durante l’avvicendarsi delle diverse epoche storiche, cambia e la nominazione segue i vari popoli. Anticamente, era detta Sicaníe dai Sicani, popolazione di origine iberica che si stanziò nella parte nord-occidentale insieme agli Elimi, mentre il nome Sicilia che ancora oggi richiama l’antico Sikelía, le venne attribuito dai Siculi, i quali, dalla penisola italica, attraversato lo Stretto di Messina, presero possesso della zona orientale dell’isola, costringendo i Sicani a restare nella parte occidentale. La radice del nome Sicilia, Sik vuol dire “crescere in fretta”, e questo per ricordare che l’isola, è sempre stata ricca nei prodotti offerti dalla terra e dalla generosità del sole. I Romani erano soliti chiamarla Triquetra per la sua caratteristica forma a triangolo ed a loro, si deve il simbolo dell’attuale Trinacria, con il volto di Medusa al centro, che si regge sulle tre gambe piegate al ginocchio e poste a raggiera. L’isola dalla forma triangolare, un ponte tra l’Oriente e l’Occidente, la più grande del Mediterraneo, è bagnata da tre mari, il Mediterraneo, lo Ionio e il Tirreno. La scelta della testa di donna, e nel caso specifico quello di Medusa, una delle mitiche Gorgoni alate, è il volere sottolineare come la Sicilia sia “Femmina” anche nella mitologia, che nel corso della storia antica l’ha tratteggiata. Le divinità femminili, dalle antiche dee madri micenee, riprese dai greci come la dea Cerere, colei che simboleggia l’estate e il dono del grano o la figlia Persefone, rapita dal dio degli inferi Ade, che dopo aver siglato un patto con Cerere, la restituisce una volta l’anno, per l’avvento della primavera e il risveglio della natura; oppure, le giovani Korai, che rappresentano la perfezione della donna, sono traduzioni di quella fertilità misteriosa, di quella solarità, che si accompagna all’ombra e ai periodi di difficoltà. Lo stesso culto di Maria, la Madre di Dio, è il frutto di una rielaborazione di miti pagani, poi ripresi e approfonditi secondo la visione cristiana. Donna complessa, così come è complessa l’Isola, dai paesaggi differenti: colline, monti, zone impervie e zone costiere. Luoghi dove ogni popolo si è fermato, dai greci sino agli spagnoli, data la posizione strategica e l’unicità della Sicilia. I romani, che disegnarono il simbolo della Trinacria, pensarono a Medusa poiché essa rappresenta il femminile negli aspetti non solo legati alla fecondità ma al terrifico; così com’è in fondo, Madre Natura medesima, che regala ma che toglie, in modi spesso cruenti e dolorosi, ricordando agli uomini la loro fragilità. Questo simbolo, è divenuto famoso, prima in Europa e poi in tutto il mondo, quando gli artigiani siciliani iniziarono a riprodurlo, usando la ceramica lavorata e dipinta, specie nella zona di Caltagirone. I romani lo introdussero, ma l’artigianato artistico a partire dal Cinquecento e dal Seicento, fece diventare il simbolo della “donna con le tre gambe”, il simbolo ufficiale dell’isola. Un simbolo usato anche per portare fortuna, poiché conduttore di fertilità e ricchezza.