E’ tollerabile legalmente ed eticamente corretto il fatto che un Comune, non partecipando al progetto, privi i propri cittadini disabili di opportunità e risorse a cui hanno diritto ? Chi renderà giustizia ai cittadini disabili e le loro famiglie residenti nei comuni di Casalvecchio Siculo, Forza d’Agrò, Limina, Roccafiorita, Antillo, Mongiuffi Melia, Gallodoro, Gaggi, Graniti, S. Domenica Vittoria, Cesarò e San Teodoro esclusi in maniera arbitraria dai benefici previsti dal progetto?
Sono questi gli interrogativi che Giuseppe Bucalo, Presidente dell’associazione Penelope, pone al centro di una nota nella quale evidenzia tutte le anomalie di un bando che ha riguardato solo alcuni comuni.
In pieno agosto con scadenza giorno 21, i disabili gravi adulti residenti nei comuni di Giardini Naxos, Motta Camastra, Santa Teresa di Riva, Taormina, Castelmola, Francavilla di Sicilia, Letoianni, Sant’Alessio Siculo, Malvagna, Moio Alcantara, Roccella Valdemone e Savoca, hanno avuto la possibilità di avanzare richiesta ai comuni di residenza per essere inseriti e usufruire dei voucher economici e dei servizi previsti dal progetto “Vita Indipendente”.
Il valore economico del progetto è pari a 100.000 euro (di cui 80.000 a carico dell’Assessorato Regionale della Famiglia e 20.000 di cofinanziamento dei Comuni coinvolti). In realtà il progetto è stato finanziato al Distretto socio-sanitario che comprende 24 comuni, ma avrà ricadute solo per i disabili gravi residenti nella metà di questi comuni. La scelta dei comuni (e quindi dei disabili) è stata fatta sulla scorta della volontà/capacità di ciascun comune di coprire la propria quota di co-finanziamento (calcolata in ragione del numero di abitanti).
“Verrebbe spontaneo chiedersi, afferma oggi Giuseppe Bucalo, ma se la Regione ha finanziato un progetto al Distretto socio sanitario di Taormina (comprendente 24 comuni) perchè ne beneficiano i disabili residenti solo in alcuni comuni ?”
Bucalo contesta anche le modalità di pubblicazione del bando. “ La scelta operata dal distretto, nei tempi e nei modi, afferma Bucalo, non promuove l’inclusione e la partecipazione dei disabili e ne limita l’accesso alle risorse. Se si va a leggere il progetto, infatti, si intuisce ancora meglio il grave pregiudizio per la partecipazione attiva dei disabili derivante dalle modalità e dai tempi con cui si è concepito l’avviso.”
Il progetto prevede infatti:
1) L’elargizione di un voucher di 1.000 euro a disabile per l’acquisto di attrezzature informatiche che favoriscano la comunicazione, non fornite dal sistema sanitario. I voucher a disposizione sono 20. L’accesso a tale opportunità prevede che gli stessi disabili e/o le loro famiglie siano informate adeguatamente tanto delle tecnologie utilizzabili e utili in relazione alla tipologia di handicap, quanto dei loro costi per valutare l’impatto concreto del contributo quale sostegno all’acquisto. “Informazione che, evidenzia Bucalo, è spesso carente o del tutto assente, limitando di fatto ulteriormente l’accesso a tale sussidio agli aventi diritto.”
2) L’elargizione di un voucher pari a euro 420 euro mensili (per la durata massima di 8 mesi) a disabili gravi inseriti in attività proposte da organismi del terzo settore. Agli organismi ospitanti verrà corrisposto un contributo di 61 euro mensili per ciascun tirocinante ospitato (massimo 2 per ogni ente no profit) per la copertura dei costi di gestione e assicurativi. Il numero di borse lavoro previsto è pari a 13. “Per quanto riguarda tale opportunità, prosegue Bucalo, vanno segnalate l’incongruenza con la finalità dichiarata del progetto (favorire la vita indipendente) del tipo intervento previsto (ospitalità in organismi no profit). Gli inserimenti previsti assumono più la fisionomia di intervento di “parcheggio” o di “intrattenimento”, piuttosto che una forma di mediazione all’inserimento lavorativo. Cosa diversa sarebbe stato prevedere esperienze lavorative (work experiences) in azienda, specie se realizzate presso quelle aziende obbligate per legge all’assunzione di disabili ex legge 68/99. Va sottolineato inoltre il pericolo concreto che i comuni, stante l’esiguità delle borse lavoro previste (13 rispetto a 12 comuni aderenti) si lascino tentare dall’idea, spesso praticata, di ridurre la durata delle borse lavoro per permettere il coinvolgimento di più soggetti, rendendo un favore a probabili esigenze di consenso in capo alle amministrazioni ma riducendo ulteriormente il loro senso e la loro efficacia.”
3) L’elargizione di 6 voucher economici (leggi aiuti all’affitto) per un anno del valore decrescente di 500 euro per i primi 4 mesi; 400 euro per ulteriori 4 mesi e 350 euro per i 4 mesi finali. “Anche in questo caso, spiega Bucalo, una tale previsione senza adeguata preparazione e informazione degli aventi diritto e delle loro famiglie e il coinvolgimento dei servizi e delle associazioni attive nel campo limita e pregiudica l’accesso a tali opportunità di vita indipendente, anche in funzione del fatto che l’abitare nel campo della grave disabilità richiede oltre l’autonomia economica e il pagamento delle spese vive, anche la costruzione di una rete di supporto che faciliti l’autonomia personale e sociale del soggetto.”
Altro elemento di criticità (e del tutto estraneo alla logica assunta dal progetto) è quello della previsione di un ente attuatore individuato attraverso una procedura di gara fra gli enti no profit attivi nel campo dell’assistenza ai disabili (con esclusione di fatto delle organizzazioni di volontariato e di quelle dei familiari). Una scelta che Giuseppe Bucalo definisce incomprensibile stante che il progetto si presenta, nella forma e nella sostanza, come un’elargizione di voucher economici e di servizio che, usualmente, sono di stretta competenza dell’ente pubblico. Il Comune cioè dovrebbe elargire direttamente agli aventi diritto, attraverso il proprio ufficio dei servizi sociali, i voucher con i quali gli stessi “acquistano” i servizi previsti. “Non si vede né capisce, afferma il presidente dell’associazione Penelope, l’esigenza di un ente terzo che dovrebbe elargire a nome e per conto del Distretto le suddette somme (per esempio per l’acquisto delle attrezzature informatiche e/o l’affitto di casa). Fra l’altro il progetto non prevede alcun rientro economico per l’ente attuatore per quanto riguarda l’attività svolta. In tal senso, come più volte il progetto ripete per poi disconfermarlo nei fatti, forse sarebbe stato opportuno, ove ritenuto necessario, affidare l’eventuale gestione del progetto (ivi compresi i necessari incontri informativi propedeutici l’emanazione dell’avviso) direttamente alle organizzazioni di volontariato e dei familiari presenti sul territorio.”
Ultima, ma non ultima questione spinosa riguarda i criteri di selezione dei beneficiari. E’ indubbio che nel campo della grave disabilità è sempre difficile stabilire priorità certe, ma stante l’esiguità delle risorse ciò è necessario.
“Il progetto, spiega Bucalo, da questo punto di vista si rifà vagamente a criteri di buon senso senza però stabilire una griglia di valutazione certa e criteri oggettivi di selezione. In alcuni casi i criteri stessi sono incongrui con la finalità del progetto (ad esempio quando si legge che verrà data priorità nell’accesso alle borse lavoro alle situazioni di più grave compromissione dell’autonomia personale ribadendo la funzione prettamente assistenziale e non emancipata di tale intervento). Purtroppo , conclude nella nota il presidente dell’Associazione Penelope, siamo ancora lontani dal dare corpo, senso e opportunità ai disabili di intraprendere un percorso di autonomia e vita indipendente. E con tutta probabilità questo progetto, oltre a rappresentare un’occasione mancata, nella sua logica e formulazione, contribuisce a ratificare l’idea che le politiche sociali in favore dei disabili possano essere solo assistenziali e riparative, mentre al contrario dovrebbero essere emancipative e garantirne il diritto e la libertà di scelta e di autonomia.”