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giovedì, Dicembre 26, 2024

FOTO… GRAFIA. “CAMERE CON VISTA”: RUBINI E SCINTILLA

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Le “CAMERE CON VISTA” hanno aperto, ancora una volta, le loro finestre, e gli abbracci accoglienti dei “Ragazzacci indisciplinati” di “Taoclick” hanno fatto il resto. Da un’idea di Rocco Bertè, nella doppia veste di moderatore insieme al curatore Roberto Mendolia (Rogika), con l’attivo sostegno di Alfio Barca e Augusto Filistad, giovedì 7 e domenica 10 maggio, ci sono stati altri due nuovi appuntamenti. Le luci puntate sulle strade battute, osservate e narrate “per e attraverso le immagini”. Il linguaggio fotografico si è di nuovo fatto sentire, divenendo voce da parte dei due ospiti: Fiammetta Rubini e Marco Scintilla unitamente al corale sostegno del pubblico, intervenuto via social tra le righe dei commenti. Le parole d’ordine, cariche di positività, #contagiofotografico e #iorestoacasa, hanno fatto da sottofondo in un’unione che non conosce restrizioni. “JonicaReporter”, diretto da Valeria Brancato, in prima linea come Media Partner, per ascoltarle e raccontarle, queste storie.

Fiammetta Rubini e Marco Scintilla – entrambi non sono professionisti ma lavorano in altri campi che ritengo nobili e degni di enorme rispetto, come lo sono tutti i lavori svolti con passione e dignità – hanno offerto la loro visione sulla “Street Photography”, che li vede in compagnia di altri fotografi nel collettivo “La. Strada” nato da un’idea di Alex Coghe con la chiara intenzione di riunire fotografi e fotografia secondo canoni non convenzionali. Non la ricerca dell’effetto speciale ad ogni costo ma la registrazione di una quotidianità, tutt’altro che banale. Dello stesso gruppo fa parte anche Rogika.

Dalla scheda di presentazione dello stesso Coghe, si comprende benissimo il trait d’union, filo conduttore del collettivo:

«Alex Coghe è editore, fotoreporter e fotografo di strada Italiano, attualmente residente in Messico. Fotogiornalista freelance, sta attualmente collaborando con tre prestigiose agenzie. Alex Coghe è attualmente direttore della rivista in formato elettronico THE STREET PHOTOGRAPHER NOTEBOOK, dedicata a “Street Photography” e fotogiornalismo. Scrittore, con molti libri pubblicati su tecnica fotografica e cultura visuale, come fotografo vanta esibizioni in tutto il mondo (Italia, USA, Germania, Grecia, Olanda) e il reportage esclusivo realizzato in Messico per Leica è stato pubblicato e distribuito in tutto il mondo. Attualmente è fotografo immagine per Fujifilm Mexico. L’amore per la strada e la gente, il contatto con le persone è qualcosa che ama della sua professione. Alex è anche docente di fotografia, avendo dato conferenze nelle più prestigiose università in Messico, e con i corsi e spedizioni fotografiche offerte in Messico e nel mondo, grazie anche al fatto che parla 3 lingue: Italiano, Inglese e Spagnolo. Per Alex Coghe, la fotografia è un importante documento, rappresentando soprattutto l’opportunità di riflessioni di tipo sociologico e antropologico».

Giovedì 7 maggio, Fiammetta Rubini – partita dalla fotografia di eventi legati al Blues e approdata alla “Street” – ha chiarito che Alex Coghe ha influito molto sul suo percorso fotografico ed ha presentato, in un’alternanza di fotografie, parole, un contributo video e ancora immagini, ciò che la fa muovere passo dopo passo di città in città, tra la gente o in angoli urbani irrisolti e apparentemente privi di umanità, verso la ricerca di una meta, che è il punto di partenza per nuove destinazioni. L’emozione nel porgersi, mascherata dal desiderio di provare a dire tutto ciò che conta con il celato timore di dimenticare qualcosa. Un sorriso dolce e un andamento deciso hanno fatto il resto e la narrazione si è dispiegata a favore di vento.

Nella sua nota biografica è racchiuso il senso del suo “dire” fotografico:

«Sono nata a Sarzana nel 1968. La mia passione per la fotografia, condivisa con gli amici, inizia immortalando molti artisti del “Blues” sia della scena nazionale che internazionale cercando di cogliere l’anima più significativa di questo genere musicale. Con il passare degli anni, la mia attenzione si è spostata dagli artisti alla gente comune, ai loro sguardi, alle loro azioni ed ai loro gesti. Oggi considero la “Street Photography” il mio stile di vita. Sono affascinata dall’idea di provare a cogliere la condizione umana nella sua essenza più pura. Sono sempre alla ricerca di emozioni, approfondendo la mia formazione attraverso workshops fotografici come quello con Alex Coghe, per me un importante punto di riferimento. Quando scendo in strada cerco di cogliere le diverse e molteplici sfaccettature dei miei soggetti, immortalando la quotidianità, con ironia, umorismo, leggerezza, intimità e curiosità. Ogni mio scatto lo considero come una dichiarazione d’amore verso il genere umano, attimi di vita su cui costruire infinite storie, ci provo all’infinito non solo nella mia città, ma anche durante i miei viaggi».

Basterebbero queste righe per entrare nel mondo di Fiammetta Rubini ma riporto volentieri quanto da lei scritto in epigrafe al suo Portofolio: «SGUARDI, AZIONI E GESTI COLTI PER LE VIE DELLA CITTÀ MODERNA. “STREET PHOTOGRAPHY IS TIME FOR MYSELF, TO WATCH AND OBSERVE THE WORLD AROUND ME”».

La Rubini ci ha condotto tra vie di luoghi italiani ed esteri; spazi che talvolta corrono il rischio di divenire non luoghi per la perdita dei tradizionali riferimenti nella società attuale ma che, nella fissazione di attimi, gesti, vite che si muovono e danno senso alla costruzione urbana, raccolgono il succo denso e dall’odore pungente degli uomini, delle donne, dei bambini e degli animali. E questi ultimi, più che da compagnia, sono parte integrante delle esistenze di tutti. Perché viaggiando da Venezia a Firenze, intessute di storia, arte e antico saper fare, oppure osservando Zurigo, i suoi mezzi di trasporto colti in una composizione fotografica eccellente che sa quando è il momento di passare dal Bianco e Nero al Colore senza fisse etichette, Fiammetta Rubini abbraccia con il suo obiettivo le persone che incontra e le respira, facendo sì che il loro fiato divenga il suo. In dotazione, una macchina fotografica più leggera che le permetta di muoversi e non insistere nell’attesa. Il movimento personale e degli altri le sta a cuore, là avverte il battito pulsante dei luoghi e della gente. Una Fuji e buone gambe per aggirarsi tra le vite degli altri, trarne fuori il meglio, spesso a loro stessi sconosciuto e renderlo visibile, nell’immagine. Non una violenza, attenzione, ma un omaggio all’essere umano e a ciò che è stato in grado di costruire nel tempo. I progetti presentati hanno colto, nella rarefazione del Bianco e Nero e nella documentazione più d’impatto offerta dal Colore, la manifestazione delle vite narrate. Dall’architettura dei soggetti, immortalati sui gradini di una chiesa in fotogrammi di esistenze, alle persone che riempiono bus, tram o metropolitane da New York a Londra; dall’immagine d’antan di ispirazione cinematografica della signora in spiaggia, simile a una Mannequin, sino a quella del bimbo che viene accolto dal suo fidato compagno a quattro zampe e rinvia all’altro grande amore della Rubini: gli animali. Lei che ama il Colore tanto quanto il Bianco e Nero, basti vedere le foto dei suoi fiori e delle sue piante; è il sentimento umano che tiene uniti i suoi progetti ed è lo sguardo di una donna che li innaffia con quelle lacrime, che solo noi donne sappiamo nascondere così bene confondendole con i nostri sorrisi.

Da Fiammetta Rubini a Marco Scintilla, ciò che mi ha colpito è che il nome dell’una s’accorda con il cognome dell’altro in un acceso calore umano. Domenica 10 maggio, l’appuntamento social è stato anch’esso coinvolgente, ma gli amici di “Taoclick” ci hanno abituato a queste coccole settimanali come fossimo tutti insieme a prendere un aperitivo e anzi, auguriamoci che presto, si possa tornare a farlo; a guardarci negli occhi e a vederli ridere i nostri occhi, con le bocche protette dalle mascherine.

Chi è Marco Scintilla? Per iniziare, dirò che è un uomo dall’animo nobile e un ottimo fotografo; non ho usato per nessuno dei due il termine “fotoamatore” e sono certa che i professionisti non me ne vorranno, poiché per me, sono fotografi. Punto e basta! Il resto lo farò dire a lui, attraverso le righe della sua scheda di presentazione:

«Nato nell’ormai lontano 1975, vivo a Porto Empedocle (AG) e sono fotografo solo per passione, per “campare” faccio altro. Affascinato dai grandi reportage dell’era d’oro della fotografia, ho dato un’impronta documentaristica e antropologica al mio modo di far fotografia. Nelle mie foto c’è la voglia di raccontare l’ordinario, il quotidiano che mi circonda, la mia terra e la sua gente. Questa voglia di raccontare attraverso il linguaggio della fotografia, mi ha spinto a realizzare dei progetti personali che hanno sempre al centro l’uomo e le sue iterazioni con i luoghi che lo circondano, i costumi, le usanze e le tradizioni».

Definito da Stefania De Natale “fotografo dell’ovvio”, è l’antropico che lo incuriosisce e lo motiva a documentare luoghi e persone. La sua fotografia ha le caratteristiche del “reportage”, anche lui oscilla tra il Bianco e Nero e il Colore, le regole sono dettate dal quotidiano e dal meraviglioso in esso contenuto. Dalla documentazione raccolta durante le feste religiose isolane, che comprimono per poi liberarla l’anima siciliana tra sacro e profano, come il San Calogero di Porto Empedocle mediante una messa in scena che ripercorre il legame con la dominazione spagnola; alle ispirazioni letterarie da Camilleri, Pirandello e ancor di più Verga, in un rapporto tra fonti letterarie e visive con un affaccio sulla fotografia di Scianna ma anche quella di Giuseppe Leone o di Melo Minnella, le immagini di Marco Scintilla contengono un forte senso evocativo di un’Isola che ha in sé il germe della narrazione: dall’epico al poetico, tutto tende a staccarsi dal reale, qui da noi, per farsi mito. Ma un mito che non cristallizza, e vive trapassando dai vivi ai morti e dai morti a nuovi nati, di generazione in generazione. E allora perché non raccoglierne le melodie mescolate al sale, al sudore, alla terra e al mare? Marco Scintilla è dunque un autore più verghiano, nel tentativo di registrare i fatti della realtà che accade da sé, ma con quella malinconia che ci scorre dentro le vene. Una dannazione presente in Sciascia, Consolo, Bufalino e in tutti coloro che hanno provato a succhiarsela fuori e l’hanno fatta diventare letteratura.

Scintilla documenta e narra allo stesso tempo, da buon siciliano, quindi non sorprende che ci siamo commossi durante il racconto su “Nazareno”, l’artista con una vita che è stata uno scrigno e che di certo Camilleri avrebbe narrato a suo modo. Scintilla lo ha fatto anche lui e penso che i suoi progetti abbiano alto valore educativo e debbano essere portati nelle scuole. Ne è convinto anche Vito Finocchiaro, suo altro punto di riferimento e compagno di viaggio come quello fatto in Messico e naturalmente reso a colori.

In quel viaggio, protagonista è stato il “Cempasùcil”, un fiore tradizionalmente usato in Messico nel “Dià de los Muertos”. Anche qui, il legame con le tradizioni legate al Cattolicesimo spagnolo che Scintilla ha saputo riportare nelle foto. La vita semplice delle popolazioni locali, la gioia di esistere perché qualcun altro ci ha trasmesso un’eredità non solo genetica ma storica. L’antropico, la società, le tradizioni, per scoprire quanta anima vi sia ancora in giro.

L’anima che Marco Scintilla ha visto negli sguardi dei pescatori durante la pesca in alto mare, l’anima che sa ancora pregare per aver il pane quotidiano. L’anima, che è andata in giro per l’universo, abbandonando i corpi di quei “poveri Cristi derelitti” che chiamiamo “migranti” ma che sono persone ed hanno e avevano un’anima. L’anima di Marco Scintilla, che nel pomeriggio di domenica si è affacciata per farci vedere com’è esser dotati d’anima. Anche nel nuovo progetto, al quale sta lavorando, incentrato sul paesaggio, il fotografo porta avanti la ricerca nella dimensione del paesaggio antropizzata. Il passaggio dell’uomo e ciò che ha lasciato e lascia dietro e davanti a sé e intorno, ci dice che Scintilla è alla ricerca dell’anima, quella dell’uomo più piccola, manifestazione di quella più grande: l’Anima Mundi.

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