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Gli occhi di Marco sanno vedere oltre la cortina di fumo del mondo

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Foto di Rogika

Lo scorso sabato, dentro a un pomeriggio piovoso e saturo di umidità, sono riuscita ad andarci alla mostra «Lo sguardo di Marco», ospitata nella sala del Centro Didattico Mediterraneo di Giardini Naxos dal 16 al 30 ottobre 2021.

Mi sarebbe dispiaciuto moltissimo non esserci come se non andandoci tradissi un patto. Io di Marco Todaro ho vaga memoria; ma mia zia spesso lo nominava quando andava a farsi sostituire le batterie per l’orologio. Per me dunque è sempre stato l’orologiaio, che però non contrasta affatto anzi si incastra alla perfezione con il suo sguardo fotografico, costruito sulle minuterie. Su una visione del mondo in sezione.

Sabato 30 ottobre, era l’ultimo pomeriggio in cui vedere una selezione delle sue foto e un video bellissimo dove le immagini ti abbracciavano, in un invito a far parte del mondo di Marco.

 

Marco, il suo sguardo e una mostra che non è una mostraFranca, sua moglie, me lo ha detto subito: «Non è una mostra come le altre, è un modo per ricordarlo».

Così è stato, in effetti. Mi sono fatta accompagnare da Roberto proprio perché sapevo che non sarebbe stata la classica esposizione e sentivo che avrei vissuto qualcosa di speciale. Gli avevo chiesto di accompagnarmi e di fare qualche scatto; solo lui poteva occuparsene.

Lui, Marco, Franca, la sorella di Franca e tanti amici che erano lì, sono legati al filo dei ricordi di scuola, quelli dello scientifico.

Non è stata una esposizione ma una rimpatriata tra vecchi amici per ricordare un caro amico. Ho rivissuto con loro – sebbene io abbia frequentato il classico a Santa Teresa – la memoria di un periodo in cui ci bastava poco per essere contenti. Non avevamo paura della pioggia e pensavamo che nella nostra vita tutto sarebbe andato alla grande, anzi meglio! Vivi e pronti ad aggrapparla la vita: senza timore. Ci sentivamo invincibili e protetti.

La vita poi si sa, ti presenta puntuale il conto ma l’essere giovani ha di bello questo: sentire di potercela fare e volere saltare tutti gli ostacoli correndo incontro all’ignoto. Mi piacerebbe molto che anche i nostri ragazzi potessero recuperare quell’entusiasmo, che noi stessi gli abbiamo a poco a poco tolto. Volevamo dargli tutto ma in che termini? Non so, ma credo che anche Marco si sia posto numerose volte tale interrogativo. Lui e Franca sono stati ragazzi e sono genitori.

 

La sua fotografia è esercizio di libertàMarco ha lasciato una immensa eredità umana e di immagini Lui non c’è più fisicamente ma la sua forza creativa e d’espressione, e quegli occhi, che sanno vedere le cose per come esse sono, frugano ancora di qua e di là, senza sosta.

Foto a colori, in Bianco e Nero. Tradizioni isolane; dettagli macro. Street e Urban Photography. Fotografie del paesaggio, che costituiscono un archivio immenso e di cui non tutto riesce a ritrovarsi.

Ciò che incolla i vari pezzi espressivi di queste foto, autentiche finestre spalancate su un mondo che ci ritroviamo innanzi ma siamo disabituati a vedere, sono gli occhi di Marco.

Ho ammirato la sua gratitudine verso Madre Natura e il dono fotografico che le ha fatto e ha fatto a noi tutti. L’accuratezza negli ingrandimenti mai banale, attenta a cogliere solo ciò che gli piaceva.

Ha esercitato al massimo la sua ricerca di oasi libere e lo ha fatto fotografando senza vincoli ed esercitando la sua indipendenza. Anche la foto di un’Etna infuocata in notturna sullo sfondo, e il campanile di una chiesa pedemontana che mostra il tempo degli uomini con l’orologio a dirci che tutto scorre, è unica ed è certo per questo che il «National Geographic» l’ha scelta.

 

«Lo sguardo di Marco»: un messaggio di speranza – Angoli di una strada; una bicicletta; l’espressione di una bimba. I vari colori del paesaggio o i dettagli della vita personale.

Un po’ di Luigi Ghirri e Berengo Gardin; un pizzico di Mario Giacomelli e Gabriele Basilico, tutto miscelato alla sua maniera, e il suo ritratto, di Marco, dietro l’obiettivo. Anche a se a me piace di più la foto di lui appoggiato al muro, perché in quella si coglie la sua essenza.

I suoi occhi e il suo sguardo, sostenuti dalla macchina fotografica, sono un messaggio di speranza. La vita deve essere vissuta. A colori o in tonalità di grigio. Nei giorni di sole o di luna piena; perdendosi nella nebbia e con la pioggia. Versando lacrime e inondando di sorrisi; mostrando financo il cupo.

La vita va vissuta, i ricordi vanno tenuti stretti stretti e ogni tanto bisogna lustrarli affinché non sbiadiscano. Questo però è compito di chi rimane.

Franca, pur sapendo che Marco non avrebbe voluto troppo show, ha deciso di consegnarci alcune piccole scintille dello sguardo di Marco, e noi li ringraziamo per questo dono.

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