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giovedì, Gennaio 23, 2025

LA FOTOGRAFIA AL TEMPO DEL COVID-19. “CAMERE CON VISTA”: FALCONE E TERRANOVA

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Foto di Roberto Falcone

“CAMERE CON VISTA” continua i suoi incontri social. Il format, nato da un’idea di Rocco Bertè con la fattiva collaborazione dell’associazione fotografica “Taoclick” presieduta da Ernesto De Luna e a cura di Roberto Mendolia (Rogika), vede la presenza di Alfio barca, Augusto Filistad e Lillo Laganà, oltre alla moderazione di Mendolia e Bertè. Giovedì 23 e domenica 26 aprile, seguendo gli slogan #iorestoacasa e #contagiofotografico, il salotto Facebook di “CAMERE CON VISTA” ha accolto Roberto Falcone e Vera Terranova.

Roberto Falcone non è un fotografo di professione ma ha tutte le carte in regola per ampliare questa passione ad un ambito di settore. Giovane, curioso, e interessato a conoscere i meccanismi della macchina fotografica che definisce “mistico strumento”, ha una vocazione verso il mondo della fotografia prima di tutto dal punto di vista tecnico. Sperimentatore, è attratto dal colore che ama rendere al meglio anche con l’ausilio della tecnologia e di programmi ad hoc. La macchina fotografica è dunque uno strumento, unitamente ai programmi che consentono di dare il proprio Impressum alle immagini. La pacatezza e lo spirito quasi contemplativo gli fanno prediligere il rapporto di traduzione tra immagine e paesaggio reale. Nelle foto di Falcone vi è un’attenzione per la scelta dei luoghi, la ricerca delle giuste angolazioni, la profondità degli spazi, che a tratti appaiono dilatati per offrire respiro e leggerezza all’osservatore. Leggo, in lui, il desiderio di condividere stati d’animo ed emozioni quale base di tale scelta; regalare il senso di pacificazione interiore che lo accoglie durante i suoi viaggi fotografici. Le mete sono siciliane per la maggior parte, ama Savoca e i luoghi intorno a Taormina, tuttavia insieme ai compagni dell’associazione “AFI011” non si sottrae, compatibilmente agli impegni di lavoro, a perlustrare altri luoghi. Meticoloso, sa quando è il momento di liberarsi dei cattivi scatti e cura ogni immagine come fosse l’unica. La macchina fotografica si fa interprete di un modo di vedere la vita che lo pone a stretto contatto con il naturale e con l’antropico che si inserisce in esso. Non va in cerca di ritratti e non si abbandona alla “Street”; ricerca luoghi che possano donare sollievo all’animo, ed è per questo che considera la macchina in modo mistico: in essa si produce una trasformazione alchemica che innalza lo spirito a maggiori gradi di conoscenza. Ma, in fondo, la fotografia è alchimia, così come lo è il linguaggio in ogni sua forma ed espressione. Il colore lo accompagna sebbene non si sottragga aprioristicamente a un rapporto più intimo con il Bianco e Nero, in particolare per i ritratti. La sua crescita personale procede di pari passo con la sperimentazione, la meticolosità e un innato senso per il bello naturale. Dettagli curati che, allontanandosi da saturazioni cromatiche, lasciano trasparire una delicatezza d’animo che appare lirica. Penso al suo “Star Trail” dove con l’uso di una lunga esposizione e l’aiuto in postproduzione ha creato un’immagine che “val bene la stampa”.

Fotografia, viaggio, percorso di crescita personale, dall’interiorità vien fuori e si getta nel mondo. Condivisione, amicizia, “andata e ritorno” per essere nuovi e più maturi. Esercitare la vita come fosse una costante nascita, è ciò che crea il filo conduttore tra la fotografia di Roberto Falcone e Vera Terranova. Un fotoamatore e una fotografa professionista, con percorsi differenti, uniti dall’interpretare il mondo “in un click”.

Vera Terranova, donna e fotografa, che però non si pone come donna dietro l’obiettivo ma come fotografa e professionista, era stata ospite nel gennaio 2019 a “#SGUARDIDIDONNA”, sempre a cura di “Taoclick”. Diplomata a Roma, in “Fotografia”, all’Istituto Europeo di Design, dopo varie esperienze in differenti ambiti fotografici, ha deciso di seguire la sua vera passione: la fotografia di viaggio. Il reportage è il modo in cui la Terranova racconta il mondo, in particolare l’Asia. Pur non disconoscendo il valore del pittorico nella ricerca della luce, e affidandosi a maestri com e Caravaggio e Vermeer, in particolare nei ritratti e nel lavoro di studio da cui proviene, Vera Terranova ha la necessaria esigenza dello spostamento al di là dei luoghi comuni, per farci entrare in culture differenti, legate a un linguaggio universale di umana gestualità.

Il viaggio e la fotografia sono compagni inseparabili come lo è il compagno Ivano Lupini, esperto viaggiatore pur se non fotografo. Il reportage è descrittivo dei luoghi, delle genti ma anche delle emozioni. I progetti fotografici di Vera Terranova nascono – come da lei affermato in un’intervista precedente – «dal desiderio di ricercare ancora una volta la diversità e accoglierla come risorsa per apprendere, migliorare, arricchirsi. Dalle diversità culturali, politiche e religiose, è necessario che scaturisca una sana curiosità, perché gli altri non siamo che noi stessi, visti da prospettive differenti». Vera Terranova è fotografa freelance, realizza reportage fotografici per concerti, per il teatro e per eventi turistici e aziendali. Inoltre cura personalmente un “Tour Fotografico della Sicilia” da lei interamente ideato e organizzato. Preferisce tenere in mano una macchina fotografica, ma questa è la strofa principale di molte dichiarazioni da parte di fotografi e fotografe. Vera Terranova ha semplicemente raccontato cosa prova, quando per mesi sta in giro in altri «luoghi e con altre persone». Partita, come molti, dalla fotografia analogica, per abituarsi al digitale ci ha messo un po’. Durante l’incontro virtuale ha mostrato 50 fotografie, tra esse era presente anche la foto scelta dal “National Geographic”, e due foto dell’ultimo viaggio in Cina, pubblicate da “Vogue”. Le foto della Terranova non sono non “turistiche”, ma espressione di un modus vivendi. Durante la narrazione, e lo scambio di visioni e curiosità con il pubblico che interagiva tramite i commenti, Vera Terranova ha trasmesso passione e grande competenza. Professionalità maturata lungo la sua vita. Di questo, in fondo, si tratta: di Vita – la sua – mescolata ad altre vite. Condividendo il viaggio con Ivano, a cui Roberto Mendolia alla fine dell’incontro ha chiesto di mostrarsi per un saluto. La Terranova non usa la fotografia come metodo introspettivo; essa è un medium per far emergere l’alterità. Naturalmente, vi è di base una visione estetica e di gusto soprattutto nell’uso del colore. La fotografa va alla ricerca della conservazione del naturale. Il suo ultimo viaggio in Cina raccoglie, testimonia e documenta secondo i canoni del reportage. Si muove, attende, cerca la luce giusta e scatta. Non ama molto la postproduzione che altera il naturale perché il naturale contiene in sé la perfezione del Tutto. Paesaggi, persone. Sguardi, sorrisi – che lei stessa ha definito «naturale e universale passepartout» – e gesti.

Vera Terranova fotografa “a colori”, perché come lei stessa ha precedentemente affermato: «Io fotografo a colori anche quando uso il bianco e nero». Il suo è un Bianco e Nero difficile da ricercare; lo segue in natura e spesso la cromìa esalta il grigio e le sue ombre. Invece, il Bianco e Nero della Terranova predilige i toni del bianco – “la luce bianca” – come quelli presenti tra le onde e la spuma del mare o tra le nubi non ancora cariche di pioggia.

Riporto in tal senso, quanto scrissi su di lei un anno fa:

«La fotografia di Vera Terranova è un’emozione restituita a ogni passaggio di scatto. Un tempo “sospeso” che non immobilizza, ma rende giustizia a esistenze intercettate dall’altrui curiosità. Fame di scoperta che non oltraggia, ma accarezza con l’occhio. Questo è ciò che la fotografia di Vera Terranova offre: visione sull’alterità e di riflesso, conoscenza di sé».

E chiudo con una frase di Margaret Bourke-White, che ho usato per introdurla in un precedente mio contributo:

Trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare prima, qualcosa che solo tu puoi trovare perché, oltre ad essere fotografo, sei un essere umano un po’ speciale, capace di guardare in profondità dove altri tirerebbero dritto.

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