ROCCALUMERA – Una mostra fotografica organizzata dall’associazione “AFI011” – gruppo coeso di appassionati cultori dell’arte fotografica –ha riportato l’attenzione su una famiglia e la sua storia. L’esposizione fotografica negli scatti di Massimo Vittorio, scrittore e fotoamatore, il 10 dicembre scorso, ha gettato nuovamente luce su un antico mestiere, che può dirsi raro e in via d’estinzione: quello dei mastri d’ascia. Non semplici costruttori di barche ma virtuosi artigiani del legno.
Il titolo dato alla sequenza di scatti, da Massimo Vittorio, è chiaro, diretto e ricorda l’impianto novellistico verista, “Mastri d’ascia di Aci Trezza. Una storia vera”.
Mario Pollino, nella sua introduzione, ha motivato l’urgente esigenza di organizzare l’esposizione di Massimo Vittorio proprio per non lasciare andare all’oblio della memoria un patrimonio rappresentato dalla famiglia Rodolico di Aci Trezza, insistendo più volte che «le fotografie parlano». Esse infatti hanno la voce muta, consegnata ai gesti e alle espressioni, in un’alternanza mimica che può essere definita “universale”. Pollino ha tenuto a ringraziare le varie associazioni che stanno sostenendo attivamente la famiglia Rodolico, rappresentata dal padre e dai due figli, tutti mastri d’ascia. Inoltre, ringraziamenti sono stati rivolti all’amministrazione comunale di Roccalumera e al giornale online “JonicaReporter” per la sensibilità e l’attenzione verso temi di grande impatto sociale.
Mario Pollino ha poi lasciato la parola a Massimo Vittorio, il quale ha narrato da dove nasce questo progetto fotografico – che conta una serie di interessanti scatti sulla vita e il lavoro dei Rodolico – ed ha tenuto a ringraziare tutti coloro che sono impegnati in questa rete solidale:
Sono un fotoamatore. Oggi l’interesse per la fotografia è cresciuto moltissimo perché la fotografia appassiona tutti. Nelle mie foto, il soggetto racconta una storia di pane e legno da cinque generazioni. La storia è quella dei Rodolico e del loro cantiere navale. Finché ci sarà una storia da raccontare si terranno i riflettori accesi. Qui, si racconta di un’arte. Dal 1908. Rodolico padre, è stato insignito del riconoscimento di “tesoro vivente” dalla Regione Sicilia. Nella documentazione raccolta, si è anche ritrovata una fattura del 1808. Sono legato affettivamente a questa famiglia per via dei miei parenti, una famiglia di pescatori, ed ho deciso di avviare questo progetto, due anni fa. Insiste in questo territorio un’umanità straordinaria, e il rischio di perdere una tradizione tanto radicata, è elevatissimo. Diamo voce a queste persone attraverso una visione artistica, poiché i luoghi dell’anima sono quelli in cui si lasciano i ricordi.
La parte legata alla storia della famiglia è stata lasciata al figlio di Rodolico, Nuccio, che ha parlato di “parte tecnica amara”:
Nel corso del tempo, la mia famiglia, generazione dopo generazione, e siamo giunti alla quinta, ha costruito più di mille imbarcazioni. Ad un certo punto, poiché il nostro è un mestiere meno forte rispetto al passato, si voleva far chiudere il cantiere navale per fare una serie di pontili e ormeggi. Oggi, l’attuale amministrazione è molto vicina a noi e ci sta aiutando a non far perdere una realtà che a Trezza coinvolge un’intera comunità. Io farò tutto ciò che posso per difendere il cantiere e l’operato di mio nonno e mio padre.
Giovanni Rodolico, il proprietario del cantiere, a Trezza è chiamato “U vaccarolu”. Tutti in paese lo conoscono e persino fuori, su di lui, si raccontano numerose storie. Foto e video circolano da anni, a testimonianza dell’attività dei Rodolico e tra questi, quello realizzato da Gaetano Torrisi e Deborah Lo Castro, premiato al concorso “I Live Italy”. I trezzoti non ci stanno e sono coesi nella salvaguardia del cantiere Rodolico. Una, tra le diverse associazioni impegnate in tal senso, è il “Centro Studi Aci Trezza”, che vuole fortemente la tutela dell’attività di pesca e di rimessaggio delle barche, nonché quella paesaggistica della zona.
I cantieri navali – che in Italia utilizzano il legno come materiale principale per la costruzione di imbarcazioni di alta qualità – sono rimasti in pochi, e tra questi ci sono Molfetta (BA), Manfredonia (FG), Monte Argentario (GR), Piano Di Sorrento (Marina Di Cassano -NA-) e Aci Trezza (CT).
Eppure, il mastro d’ascia è un mestiere antichissimo, se si pensa che il primo fu l’Ulisse omerico. Nel V libro dell’Odissea, l’eroe viene liberato dal soggiorno-prigionia sull’isola Ogigia dalla ninfa Calipso; isola che taluni individuano come quella di Pantelleria. Dopo sette anni, irretito dai piaceri offerti da Calipso, presa d’amore per lui, Odisseo riceve in dono dalla ninfa gli strumenti, tra i quali una preziosa ascia, per costruire una solida imbarcazione che lo conduca in salvo:
Né d’Ulisse a ordinar la dipartita
Tardava. Scure di temprato rame,
Grande, manesca, e d’ambo i lati aguzza,
Con leggiadro, d’oliva, e bene attato
Manubrio, presentògli, e una polita
Vi aggiunse ascia lucente: indi all’estremo
Dell’isola il guidò, dove alte piante
Crescean; pioppi, alni, e sino al cielo abeti,
Ciascun risecco di gran tempo, e arsiccio,
Che gli sdruccioli agevole su l’onda.
Le altere piante gli additò col dito,
E alla sua grotta il piè torse la Diva.
Egli a troncar cominciò il bosco: l’opra
Nelle man dell’eroe correa veloce.
La famiglia Rodolico, non ha vita semplice, ma è abituata alla fatica, al sudore, al sale e all’odore del legno. Legno che è viva creatura tra le mani e non semplice materiale da costruzione. Una tradizione compressa in mille saperi che si tramandano, e il perderla rappresenterebbe un delitto non solo contro di loro ma contro una terra intera. Così come l’odore del pane è legato alla terra anche l’odore del legno ci riporta alla nostra origine. Frattanto che invade ogni angolo del cantiere, ed entra nelle narici e ricopre di sottile patina la pelle e i capelli, a noi riconsegna una parte di quell’immenso tesoro che ci fa essere orgogliosi di essere umanità di mare. Isolani e Siciliani.