Il mio viaggio nel cuore della Valle d’Agrò
Sono ben lieto di “partecipare” a questo nuovo progetto editoriale ideato e realizzato dall’amica e professionista Valeria Brancato, alla quale auguro un proficuo lavoro (in bocca al lupo!). Racconto in breve la mia ennesima esperienza che si somma alle altre importanti di questi ultimi anni. A pochi giorni dalla conclusione delle riprese lungo la vallata dell’ Agrò, posso dire di essere stato ancora una volta ammaliato da tanta bellezza, una tale semplicità che ne fa un luogo suggestivo e soprattutto senza tempo, ogni volta scopro sempre nuove sfaccettature, rinnovo il mio incontro con le radici del passato che ancora per fortuna resistono nonostante siano sempre più emarginate dall’homo modernus e non sembrano avere lunga vita. E’ stata una lunga passeggiata, durata quasi una settimana, ed è stato un piacere poter collaborare con il documentarista Piero Cannizzaro, per questo suo lavoro destinato agli studi Rai. Un vero esperto con la passione nel sangue, con la voglia di custodire nelle immagini sapientemente rapite con una telecamera in spalla, i tesori presenti in giro per il mondo. Dalla campagna, al mare, dal “pane di casa” ai gamberi rossi di nassa con una spremuta di limone colto il giorno prima. Il tutto accompagnato da quella passeggiata che vi dicevo lungo il torrente Agrò per poi ritrovarsi sotto quel promontorio che costeggia l’abbazia dei Santi Pietro e Paolo a sciacquarsi gli occhi appiccicosi del primo sole di primavera. Bene, è stato un onore poter offrire il mio tempo per far si che questo angolo di paradiso possa venire apprezzato da tutta Italia il prossimo autunno, quando andrà in onda il documentario. E di questo devo ringraziare il maestro Nino Ucchino, l’agronomo Emanuele Triolo, l’associazione Enalpesca, insieme ai pescatori professionisti che hanno messo a disposizione le loro imbarcazioni e il loro tempo. Insomma, non voglio dimenticare nessuno e per questo concludo, con un po’ di amarezza forse; non si fa mai abbastanza per salvaguardare e diffondere quello che ci è stato consegnato dai nostri antenati, quando lo capiremo sarà troppo tardi.