Scrivere è un atto di responsabilità, non può essere banalizzato per accrescere il consenso e giustificare una divulgazione “tout court”, povera di sostanza vitale e valore spirituale. Chi scrive consegna un messaggio; chi legge riceve o rigetta il messaggio. Un buon testo lascia tracce, spunti, stimoli e fessure tra le parole e le righe. Questi spazi sono luoghi aperti alla riflessione.
Ho letto con molto interesse e grande piacere il testo di Gloriana Orlando, Un inconfessabile segreto, edito da Algra. Mi piace scegliere con cura i libri e l’occasione mancata, di un incontro personale con la Orlando, ha tuttavia dato luogo all’incontro dentro gli spazi del suo romanzo.
Il libro è di ambientazione storica, genere che l’autrice predilige ed ha scelto in passato per condurre il lettore dentro le storie individuali nei reticoli della macrostoria. Un inconfessabile segreto abbraccia un arco temporale dove il passaggio da un’epoca all’altra, sospinge i protagonisti a muoversi o ad essere mossi dai fili invisibili del destino, che a tratti ricorda i ‘vinti’ verghiani e gli impeti di riscossa della letteratura a metà tra Decadentismo e Neorealismo, però calata in Sicilia.
Catania nel Ventennio fascista; la Spagna della guerra civile. La Guerra e i bombardamenti. Il periodo post bellico; il Boom economico. La miseria che si aggiunge ad altra miseria ed alberga nelle viuzze di un quartiere; che è un mondo. Un formicaio di anime derelitte che non hanno neppure il sollievo di poter aspirare al Paradiso.
San Berillo. La sua gente, le sue “Belle”: la diversità raccolta in chiave umana. Il testo si snoda tra il prima e il dopo, radiografando cambiamenti storici, economici, sociali di una Città. Catania si assoggetta parzialmente alle modificazioni urbane, non dettate dalla natura ma da fattori antropici e di interesse. La storia, la politica, il malaffare e quel serpentino immobilismo che caratterizza ancora oggi il siciliano fanno parte dell’intreccio narrativo. Vuole il cambiamento, il siciliano, ma lo vuole a modo suo; lasciando sempre spazio all’incompiuto. Chissà, magari è per provare il gusto amaro di ricostruire incessantemente dalle macerie con altre macerie.
Un inconfessabile segreto, è un testo composto da varie individualità che sembrano fratelli e sorelle dei personaggi di Vitaliano Brancati, di Ercole Patti, e di quel teatro pirandelliano che da noi va in scena ogni giorno. Un testo ben orchestrato che risponde all’esigenza di sceneggiare luoghi, fatti e persone in accordo con le nuove forme letterarie del XXI secolo; ma nulla toglie al rigore della ricerca storiografica e delle fonti d’archivio che con piglio di ricercatrice, la scrittrice porta avanti negli anni. E allora, bisogna andarsi a leggere la parte dei “Ringraziamenti” per capire il modo di procedere della Orlando, poiché è qui che annota:
«Dopo anni di ricerche, riflessioni, incontri, foto scattate in tutti gli angoli di San Berillo per accendere ricordi, il mio romanzo sullo sventramento del quartiere ha visto la luce».
Interessante è il connubio tra accuratissime ricerche d’archivio – il testo appare curato e accurato nella descrizione dei luoghi; degli ambienti esterni e interni – e l’uso della fotografia in veste di supporto “per accendere ricordi”. Un testo che ha visto la luce generato da una madre. Quella madre che l’ha consegnato al mondo dopo averlo portato in grembo, e una volta nato, lo ha allattato. Ed ecco che a questo punto, è doveroso parlare del sapiente uso linguistico ed espressivo condotto dalla scrittrice.
Gloriana Orlando offre un testo intenso, struggente, che fa vedere le sofferenze e le aspirazioni degli umili e dei signori. Racconta di una società che si mescola tra vecchi blasoni, pseudo santi e puttane. Ci sono i ‘jarrusi’: i diversi, che vanno tenuti nascosti.
San Berillo respira nelle pagine della Orlando e ci porta dritti tra le braccia della vita degli artigiani, dei mestieri scomparsi, delle parlate, dei modi di ridere e dell’intercalare dialettale. Regala un affresco che si mescola tra l’urbano e le campagne di Militello. Ci sono i benestanti, e ci sono i signori decaduti, aggrappati ai mascheroni dei palazzi barocchi, dove in basso si aprono gli occhi delle stanze ‘terrane’; vissute come case in cui la modestia si trasfonde nella povertà. Il quartiere risorge nella descrizione della Orlando ed acquista spessore:
«Nel ventre oscuro di San Berillo, quartiere operoso e malfamato, animato da commerci e mercimoni, dove convivevano professionisti e piccoli artigiani, famiglie morigerate e postriboli. Brulicante di vite miserabili e attività oneste, dove tutto era possibile, venire derubati con destrezza o aiutati con generosità, dove potevi incontrare donnette che passavano da quei vicoli per arrivare più in fretta al mercato del Carmine e vecchie sedute per terra a mondare la verdura mentre una ragazza davanti a un fucune arrostiva sulla brace peperoni che spandevano il loro profumo per tutto il quartiere».
A condurci in questo mondo di superficie, dal respiro sotterraneo, è il protagonista: Pietro. Farmacista per tradizione. Un uomo che ci ricorda quegli “inetti a vivere” dal sapore sveviano, in contrasto il superomismo o il gallismo. Da contraltare, vi sono le donne – una tra tutte, Tina la spagnola –, la famiglia e gli amici. Ci sono le scelte dolorose, c’è la rinuncia ad essere se stessi per l’attaccamento al conformismo ma anche l’esigenza della ribellione mai condotta sino alla fine, tranne che…
Un inconfessabile segreto, lega il destino di Pietro a quello degli altri personaggi. Nulla è ovvio, anzi il testo, sino all’ultimo, non smette di offrire curiosità e sentimenti.
L’autrice usa anche il dialetto, ma sconfina nello spagnolo per tornare a mescolarli e trarne fuori le parentele impresse nella storia, nell’arte e nei modi di dire. Ogni capitolo ha in epigrafe un proverbio o un motto popolare, quasi a voler rimarcare che per entrare dentro alle vite del quartiere, bisogna prima conoscerne la Lingua. Scrive molto bene la Orlando. Cesella ogni periodo ma non si fa abbindolare dalle tentazioni barocche. Vi è cura nella forma e nell’editing; le pause tratteggiano ora con franchezza più dura, ora con garbo in punta di piedi, personaggi e ambienti. Ma mai è arido ciò che scrive, ché anzi fa immedesimare a tal punto che ti ci ritrovi in mezzo a quelle anime e in quei vicoli. E le vedi quelle bocche e le senti quelle parole.
Senti la solitudine e la voglia di amore. Un amore fittizio e a pagamento per soddisfare un bisogno fisico di sapersi ancora vivi o un amore che cerca un altro amore. Girano, dentro San Berillo, l’amore rifiutato e quello offeso; o l’amore rinnegato in nome dell’amore benpensante. Un testo sull’amore e scritto con amore. Amore in ogni forma: dall’affetto filiale, a quello genitoriale, a quello trasgressivo degli amanti. L’amore che prima non era amore ma poi diventa affetto. Frutto di matrimoni preconfezionati dove si condivide un amore fraterno. San Berillo vive e offre l’Amore nelle varie trasformazioni e distorsioni. Regala tenerezza e afflizione.
Un inconfessabile segreto – che avrà un seguito a cui l’autrice sta già lavorando – è un romanzo apparentemente corale. In realtà, ciò che emerge è la solitudine dell’individuo in una città che fa fatica a riconoscersi sotto il peso dei cambiamenti. Un testo dove il protagonista assoluto è San Berillo, che raccoglie e accoglie le individualità, simile a un pianeta con i suoi satelliti.
Per questo, sento di poter dire che il vero ‘incipit’ del romanzo è offerto dall’esergo, da cui risuonano per noi le parole di Giuseppe Fava, simbolo e sintesi di intellettuale siciliano, catanese.
Fanno parte della storia di Catania, perché non parlarne?
Fanno parte del tempo della vita di centinaia di migliaia di uomini;
la storia di una città è anche questa, non solo quella di Vincenzo Bellini,
da qualche parte ci deve pur essere un libro dove i fatti umani restano,
e su quel libro deve esserci anche il vecchio San Berillo.
Parole estratte da Processo alla Sicilia, uscito per «La Sicilia», il 27 ottobre del 1966. Parole che hanno come contrappunto il quadro scelto per la copertina, un olio su tela, dipinto dallo stesso Fava nel 1961, dal titolo emblematico: San Berillo di Notte.
Un inconfessabile segreto è dunque una dichiarazione d’amore. A San Berillo, a Catania, ai catanesi e all’anima sotterranea della città che si riflette negli occhi di chi vive nei quartieri, e sgorga fuori distillata in aromi e umori. Ed è una dichiarazione d’amore a ciò che è stato e a ciò che resta.
Nota sull’autrice
Gloriana Orlando è sempre vissuta a Catania, dove è nata. Insegnante di Lettere al liceo, ha pubblicato i romanzi, Profumo di papaveri (2000), Quizás quizás quizás (2010), Alienor (2011), facebook ergo sum (2013), E noi sull’illusione (2014) e le due raccolte di racconti Oniricon (2002) e Nemesis (2007). Collabora con le riviste letterarie “Cultura e dintorni” e “Incontri”.