8 marzo, Festa della Donna. Come ogni anno, media tradizionali e social media, ci bombardano con informazioni su omaggi e iniziative collegate al sociale. Noi tutti, donne e uomini, in un rinnovato S. Valentino, tutto declinato al femminile, assorbiamo umori, notizie, commenti, critiche e decidiamo se veicolare il nostro giudizio, o astenerci per evitare di far parte di un avvenimento, che in parte è ancora collegato ad un fatto storico di donne che lottavano per avere riconosciuti i propri diritti, e donne, quelle di oggi, che sì sono emancipate, hanno le idee chiare, ma che sentono prepotente la necessità di dimostrare che sono protagoniste; che hanno diritto di esprimere se stesse, senza rinunciare alla propria identità. Donne che si sentono un po’ più libere ma non abbastanza; donne che invece, nell’appartamento vicino non lo sono affatto. Donne che vanno rispettate come Persone, al pari degli uomini. E un omaggio, a questa storia di donne va fatto, raccontando un’altra storia: quella di Concettina Ponturo, taorminese.
Era l’anno 1946, e dopo il ventennio fascista, era anche la prima volta che si andava al voto, e la prima volta, che una donna poteva votare. Il primo sindaco, eletto nel dopo guerra, era Riccardo Misitano, genero di Don Ciccino Atenasio; ne sposò la figlia Lili. Atenasio, prima podestà, divenne sindaco nel 1943 e dopo di lui, vi fu il notaio Sardo e dunque, il sindaco Misitano. La lista vincitrice in quella tornata elettorale fu “Concentrazione taorminese”, avente come simbolo il Minotauro. I 16 consiglieri, candidati nella lista, salirono tutti. Da qui, ha avuto inizio la storia politica di una donna, cittadina taorminese, Concettina Ponturo; classe 1915 e scomparsa qualche anno fa, nel 2013. Dopo che i 16 consiglieri eletti con il pieno sostegno di Don Ciccio Atenasio, si recarono da lui per ringraziarlo, la giovane signorina Ponturo, fece lo stesso, e accompagnata dal padre, andò dal sindaco per rivendicare il proprio diritto a far parte della nuova squadra, avendo avuto il consenso elettorale necessario per entrarvi. La Ponturo, infatti, era stata scartata per il fatto d’esser “una donna”, e non accettando tale discriminazione, difesa strenuamente dal genitore, e dopo aver sottoposto evidenti prove del torto subito, venne ammessa a far parte della nuova giunta come primo “assessore donna” della città. La prima seduta del Consiglio comunale, si svolse nel mese di aprile 1946, nella sala “Giovanni di Giovanni” della Biblioteca comunale di Taormina ed il pubblico intervenuto era numerosissimo. In molti, rimasero stupiti dalla presenza di quella donna molto bella, dotata di simpatia e carattere, ed i giornali del tempo, ne fecero un personaggio che poneva Taormina, un passo avanti rispetto ad altre realtà isolane.
Una donna dotata di grande ironia e spirito pratico, la “Signorina Ponturo”. Lei che si poteva permettere di dire del sindaco Misitano, che era un uomo «bello e alto; un beddu figghiu». Lei, avvenente e giovane donna, che recitava al teatro Regina Margherita, ora Palazzo dei Congressi e conosceva la baronessa Zuccaro; lei che conosceva attori famosi e che sulla stampa esercitava simpatia perché i cronisti, erano abituati alle donne che nell’entroterra siciliano portavano ancora abiti scuri e il velo in testa. Non si riusciva a resistere alla giovane ed attraente giovane, che alcuni scambiavano per straniera, pensando fosse spagnola e che era assessore in città. Alla Ponturo, venne affidata la delega alla Pubblica Istruzione, e quando era il momento di andare in trasferta, la “Signorina”, usava mezzi propri e pagava tutto ed è per questo suo modus vivendi, era da tutti ammirata e rispettata.
Concettina Ponturo, nel periodo in cui ricoprì il ruolo di assessore (per due mandati) con il sindaco Misitano e dopo, con il sindaco Cacciola, seguì l’iter di istituzione delle scuole materne a Trappitello e quelle di Taormina, perché prima della Seconda Guerra Mondiale, vi era solo la scuola a Taormina, e per sua stessa dichiarazione, durante un’intervista, rilasciatami nel 2009, disse: «non ho avuto la gioia di vederle inaugurate perché, a quel tempo non ero più assessore». L’assessore Ponturo, istituì anche la Scuola Alberghiera, che aveva come sua sede l’ex scuola elementare “Vittorino da Feltre”. L’edificio era stato ultimato ma ancora non era stato destinato alle scuole elementari. Su suo interessamento, si organizzavano le colonie che consentivano l’ingresso in città di ragazzi provenienti da tutta l’isola, permettendo ai giovani che non potevano andare in vacanza per ragioni d’indigenza, di trascorrere giorni spensierati a Taormina. Poiché la Ponturo faceva parte dei Patronati scolastici della provincia di Messina, durante una visita, l’assessore regionale alla Pubblica Istruzione, Castiglia, rimase molto colpito dal lavoro svolto dalla donna e la nominò sua rappresentante, nella commissione per l’istruzione. All’età di 34 anni, questa donna volitiva e piena di vivacità, in una Taormina, che ancora recava i segni dei bombardamenti del nove luglio 1943, portava a Messina, in sanatorio, i malati affetti da tubercolosi, tanto che l’amministrazione comunale, la nominò varie volte presidente del Patronato scolastico. Le spese di viaggio, come già detto, le sosteneva da sola e non percepiva alcuna indennità o gettone di presenza, e solo quando salì alla sindacatura Eugenio Longo, le fu messa a disposizione un’auto. Quando riceveva segnalazioni di ragazzi bisognosi da parte degli insegnanti delle scuole e in particolare, nelle frazioni di Mazzeo, Villagonia e Trappitello «dove lo stato di povertà era pressoché identico tra la popolazione», Concettina Ponturo, acquistava a Messina calzettoni, maglioni e altri indumenti e generi di conforto, che poi distribuiva, seguendo il suo spirito da filantropa. La chiamavano anche “la signorina dei panettoni”, perché durante le feste natalizie distribuiva panettoni da 100 grammi, all’asilo e nelle scuole.
Tra i ricordi raccolti, nel corso di quella chiacchierata nel 2009, ce ne sono alcuni che regalano tutta l’originalità di questa donna forte, ma attenta alle esigenze dei bambini e dei ragazzi. Come ad esempio, la galanteria del sindaco Carlo Cacciola, detto “Don Carluccio” per via della bassa statura, che cedeva sempre il passo alla “Signorina”. Oppure, quando il giorno in cui, giunto in città il Prefetto Di Giovanni, si presentò all’assessore Concettina Ponturo, e lei a sua volta, durante la presentazione disse: «Eccellenza, anch’io sono “di” Giovanni». Tanto che l’uomo sorpreso, si mostrò confuso e allora, ironicamente la “Signorina” precisò: «Io sono “di” Giovanni, perché mio padre era Giovanni Ponturo, quindi io sono Concettina Ponturo “di” Giovanni».
( foto gentilmente concessa da Vincenzo Rao)