S. Agata è Catania! La sua gente si riversa nelle strade e diffonde, l’orgoglio di un’appartenenza ad un luogo dove la santa e l’Etna sono espressioni di un’identità. La festa, riattualizza attraverso il rito un comune sentire, commistione di sacro e profano; fusione di tempi aristocratici e passioni popolari, Eppure, tanto forte è la potenza di un culto, che esso tende ad attecchire anche in luoghi che non hanno il carattere fondativo di esso ma mediante legami familiari, si sposta altrove. Si pensi alla festa di S. Agata ad Alì, nel comprensorio messinese, e si pensi ad un’antica e scomparsa devozione agatina a Taormina.
L’attenzione viene colpita da quella statua, esposta nella chiesa madre della città, il Duomo. L’edificio sacro, rientra a pieno titolo fra le costruzioni medievali taorminesi e nell’aspetto esterno, mantiene i caratteri dell’architettura romanico-gotica siciliana. La prima cattedrale di Taormina, fu però l’ex chiesa di S. Francesco di Paola, fuori le mura dove il vescovo Procopio, venne torturato e ucciso dall’arabo conquistatore, Ibrahim. L’ingresso dei normanni Altavilla, vede un ridimensionamento della città in ambito geopolitico. Taormina, durante l’epoca bizantina, ha ruolo preminente per cultura e religione, ed è sede vescovile. Tuttavia, nel 1078, questa passa alla città di Troina, amata dal conte Ruggero. I normanni, introducono gli usi feudali e la città si comprime attorno ad un centro, che è la piazza con gli edifici civili e religiosi. Il duomo è chiesa-fortezza, basilica medievale, pur se il suo completamento è collocato tra il XIII e il XIV secolo. Il posizionamento del Duomo, all’interno del borgo e in posizione centrale insieme a Palazzo dei Giurati, con la piazza che avvalora il senso simbolico del potere religioso e civile, sono tutti elementi del medioevo feudale.
La statua di S. Agata, però non appartiene al Duomo e la sua originaria collocazione, è altrove. La scultura marmorea, oggi si trova nella navata di destra dell’edifico sacro, vicino all’ingresso. In passato, essa era allocata nella distrutta chiesa di S. Agata, del convento di San Domenico, e in seguito ai bombardamenti angloamericani, del 9 luglio 1943, è stata spostata nel Duomo. L’antica chiesa, ai giorni nostri, è una delle sale conferenze dell’omonimo hotel ma ciò che incuriosisce, è che questa chiesa fosse titolata alla santa e riporta alla memoria una leggenda, secondo cui l’estirpazione dei seni con le tenaglie, sia avvenuta a Taormina dove in un punto della mulattiera che conduceva dal Cimitero, alla località marina detta Spisone, vi era un lastrone di pietra, nominata “a ciappa i Sant’Aita”.
Le ricerche storiche, hanno evidenziato come col trascorrere del tempo, una costola del mito agatino, sia stata introdotta anche nella nostra città. Protagonista la devozione di una nobile famiglia, i Corvaja. Nel Nobiliario di Sicilia, il Mango di Casal Gerardo, in merito alle notizie relative alle origini della famiglia, scrive che «la si vuole originaria di Pisa. Godette nobiltà in Messina, Palermo, Catania e Taormina. Un Berto fu giudice della corte straticoziale di Messina nel 1456-57; un Girolamo fu senatore di Messina nel 1511-12 e 1534-35; un Pancrazio, per la moglie Bianca Barrile, fu marchese di Kaggi e Mongiuffi 1686».
La famiglia di origini toscane – vi è un’antica rocca dirupa nel territorio di Lucca, detta Corvaja per via della famiglia a cui appartenne – nel corso del tempo, si insedia in diverse città siciliane e tra queste oltre a Taormina risalta anche Catania. Ed è attestato da fonti documentali, che la famiglia è presente in Taormina, a partire dal XV secolo, in concomitanza con la loro presenza in Messina e nelle terre vicine. Il legame tra questa nobile famiglia, imparentata anche ai Rosso, viene nuovamente attestato dalla presenza del monumento funebre al giovane Giovanni Corvaja, morto nel 1621, a soli diciassette anni. Tale monumento, era posto all’interno della chiesa del convento ed ora si trova all’interno dell’Hotel S. Domenico; la lavorazione della statua può essere rimandata alla scuola del Gagini, operante sino al XVIII secolo e di cui in Taormina, vi sono altri notevoli esempi. L’ex chiesa del San Domenico, in origine titolata alla santa, sarà titolata a SS. Maria dell’Annunciazione, solo dopo l’ingresso dei frati domenicani con il fondatore Frate Girolamo De Luna e con il sostanzioso lascito del conte Damiano Rosso, che da fortezza e casa, fece trasformare il sito in convento e divenne egli stesso frate domenicano.
I Corvaja, dunque imparentati con i Rosso, hanno residenza in città e introducono questa devozione verso la santa catanese. La statua, datata al XVI secolo è opera del Montanini, allievo del Montorsoli, noto per la Fontana di Orione a Messina. Che un Corvaja sia stato il committente della statua di S. Agata, è certificato dallo stemma bandierato della famiglia, presente a palazzo Corvaja e sopra il portale d’ingresso alla corte esterna di Palazzo Ciampoli. Tale stemma, è riconosciuto come il più antico della famiglia, e meno noto dell’altro, in cui l’Arma è d’azzurro con una fascia accompagnata dai due leoni, che tengono tra le zampe una corona d’oro.
L’uso di raffigurare la santa, non si limitava alla scultura ma un altro esempio è offerto dal “Polittico di Antonello De Saliba”, nipote di Antonello da Messina, allocato nel Duomo e che si trovava nell’ex convento dei frati agostiniani, datato 1504. Anche qui, tra le cinque tavole che lo compongono, vi è una scena con la santa.
La storia della devozione agatina in città, si mescola alla tradizione in passato molto forte, di dare nome alle bambine, chiamandole Agata. Uso che andava di pari passo con quello di nominarle, Rocca come la compatrona, e per i maschietti Pancrazio, in onore del santo patrono.
Un’ulteriore curiosità relativa al Montanini, autore della statua, è che la vicinanza del Montorsoli, ha nociuto molto alla sua fama. Martino Montanini, venne condotto a Messina dal celebre frate servita, che era stato incaricato d’innalzare la fontana d’Orione. Allievo prediletto, quando più tardi il Montorsoli dovette, per la bolla di Paolo IV, ritornare a farsi frate, lo sostituì, per preghiera viva dei giurati messinesi, nella carica d’architetto e scultore della città; carica che gli venne, in seguito, nel 1561, nuovamente confermata. Una delle sue opere, di fattura superiore rispetto alla statua di S. Agata, si trova nella chiesa di S. Francesco, a Forza D’Agrò: la statua di S. Caterina d’Alessandria. Qui, il Montanini, ha raggiunto la piena espressione della sua arte.